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Ricavi da ticket ancora molto lontani dai livelli pre-pandemia. Sanità al guado o al collasso?

Il valore complessivo della compartecipazione alla spesa sanitaria, che notoriamente avviene mediante pagamento del ticket, si mantiene su livelli ancora considerevolmente più bassi rispetto al periodo pre-pandemia. Lo rileva Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che fissa in “circa 1 miliardo di euro” i ricavi da ticket del sistema sanitario nazionale nel 2022, contro il miliardo e 300 milioni del 2018 e del 2019 (-22%). Il punto più basso si è toccato naturalmente in piena emergenza Covid, nel 2020, quando i ricavi furono 788 milioni di euro, pari a meno 40% l’anno precedente. Si tratta dell’ovvio effetto indotto dalla sospensione delle attività ospedaliere. La ripresa, lenta, si registra già a partire dal dal 2021 quando i ricavi da ticket hanno toccato la cifra di 924 milioni di euro.
Come interpretare questo andamento?
Il ticket è sicuramente un aspetto discutibile e discusso per un sistema sanitario che si vorrebbe gratuito e universalistico, non di meno resta un indicatore del grado di fruizione del sistema da parte dei cittadini.
La lentezza della ripresa è indicativa dunque di un graduale riallineamento oppure del fatto che molti cittadini si stanno allontanando dal servizio sanitario perché trovano sempre più difficile accedervi (liste di attesa, carenza di medici di base)? Curarsi sta diventando un lusso?
I dati della spesa procapite risultano in flessione in tutte le regioni, anche al Sud dove i ricavi da ticket erano già tradizionalmente molto più bassi che al Nord. In Veneto, regione che presenta un andamento perfettamente in linea con il trend nazionale (-22%), la spesa procapite per ticket è calata da 36 euro per abitante del 2018 a 28 euro per abitante nel 2022. Se accedere alla sanità pubblica rimane molto difficile e l’alternativa a pagamento troppo costosa, si confermerebbe l’esistenza di una considerevole fetta della popolazione che rinuncia totalmente a curarsi.

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