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Assistenti familiari e decreto flussi, Filice (Spi Cgil): “Un fallimento annunciato”

Verona, 24 dicembre 2023. Mentre migliaia di famiglie soltanto nel veronese chiedono soluzioni e aiuti immediati per l’assistenza domiciliare degli anziani oppure sono in attesa di un ricovero in casa di riposo, il governo le tiene appese ai “click” dei decreti flussi che sempre più ricerche dimostrano essere assolutamente inefficaci.
A fronte di quote già in partenza insufficienti, solo una piccola frazione traduce poi in contratti di lavoro, effettivi e regolari. Il risultato è che viene alimentato il lavoro nero e irregolare, mai giustificabile ma che è una triste realtà nel caso delle famiglie che non sono in grado si far fronte da sole ai costi altissimi delle procedure burocratiche per le assistenti famigliari. Manca, inoltre, personale per l’assistenza domiciliare e per le Rsa.
La politica miope guarda solo alla propaganda verso i migranti e non tiene in sufficiente considerazione i bisogni delle pensionate e dei pensionati che in moltissimi casi devono affrontare i costi dell’assistenza e della sanità con l’aiuto dei figli.
La pensione media di una donna nella provincia di Verona è di 880 euro e di 1900 euro quella di un uomo. La rivalutazione delle pensioni non basta a far fronte alle spese di sanità e di assistenza che il nostro sistema non è in grado di erogare in misura sufficiente costringendo le persone a rivolgersi al mercato privato.
Mancano assistenti domiciliari (badanti) manca personale nelle RSA. Per questi motivi la politica dei flussi legata al click Day è insufficiente e vergognosa.
Oggi dobbiamo promuovere una politica dell’accoglienza molto più ampia e salvare le persone in mare come imperativo assoluto. Specie a Natale serve uno sguardo ai più deboli che vuol dire una pensione dignitosa, una sanità pubblica che dia risposte ai bisogni, serve un futuro per i giovani con un lavoro che dia dignità, che dia sicurezza.

ASSISTENZA DOMICILIARE O CASA DI RIPOSO: LE DIMENSIONI DEL FENOMENO

DEMOGRAFIA. Il bisogno di assistenza agli anziani è inscritto nella dinamica demografica della nostra società, che invecchia a ritmi sostenutissimi: fino al 1982 a Verona c’erano 0,8 anziani over 65 enni per ogni giovane under 14. Nel 2020 il rapporto è diventato di 2 anziani per ogni giovane mentre nel 2030, ai ritmi attuali, diventerà di tre anziani per ogni giovane under 14.

CASE DI RIPOSO. Il sistema delle case di riposo oggi a Verona presenta una disponibilità di 5.495 posti letto accreditati, solo in parte coperti dalle impegnative di residenzialità regionali (che sono 4.612, pari a circa l’84%). La programmazione regionale prevede di portare i posti a letto a 6.197 ma già adesso ci sono in lista di attesa ci sono quasi 1.700 persone a vario titolo. L’impegnativa di residenzialità va a coprire la quota sanitaria della retta mentre la quota alberghiera (che con gli ultimi aumenti sfonda la quota di 2 mila euro mensili quasi ovunque) resta a carico dell’ospite e della sua famiglia.
Per una ragione di costi insostenibili le famiglie tendono a ritardare il più possibile l’entrata in casa di riposo del proprio caro. La soglia critica è attorno agli 85 anni quando il quadro clinico della persona è caratterizzato da una multimorbilità spesso grave.

ASSISTENZA DOMICILIARE. Per ogni anziano in casa di riposo ce ne sono almeno 5 accuditi a casa dalle famiglie. Si calcola infatti siano almeno 32.800 gli over 65 enni non autosufficienti nella nostra provincia. Duecento mila in tutto il Veneto, pari a poco meno di un quinto della popolazione over 65 con punte del 20% tra gli ultra 85 enni. In questo caso le famiglie possono contare soltanto sui servizi delle Ulss e dei Comuni (allo stato molto deboli, dispersivi, disomogenei) e devono appoggiarsi ad un esercito di assistenti famigliari (colf e badanti, 80 mila in Veneto) la cui disponibilità tuttavia è venuta progressivamente meno negli ultimi tempi a causa di un naturale fenomeno di ritorno in patria da parte delle assistente famigliari che in massima parte sono straniere.

DECRETO FLUSSI. A fronte di questi numeri che approssimano il bisogno effettivo, le quote di ingressi previste con il decreto flussi 2023 (9.500 per lavoro di assistenza famigliare su 130 mila posti a livello nazionale) sono assolutamente insufficienti. Le ricerche dimostrano che solo una piccola frazione di queste quote si traducono in contratti di lavoro regolari. Nell’iter burocratico si perdono dal 70 al 90% dei posti di lavoro potenziali. Altre ricerche stimano che a livello nazionale servirebbero fino a 23 mila lavoratori non comunitari l’anno da assumere nei ruoli di colf e badanti, circa 68mila nel triennio 2023-2025. Nel 2025 la platea di persone che necessitano di assistenza famigliare da parte di colf, badanti e baby sitter straniere raggiungerebbe l’1,4 milioni di persone.

LE AGEVOLAZIONI FISCALI ATTUALI (INSUFFICIENTI). I contributi obbligatori versati per le colf e per gli addetti all’assistenza possono essere dedotti dal proprio reddito per un importo massimo di 1.549,36 euro l’anno. Per gli addetti all’assistenza di persone non autosufficienti, il datore di lavoro può detrarre dall’imposta lorda il 19% delle spese sostenute, per un importo massimo di 2.100 euro l’anno. Si può usufruire della detrazione se il reddito complessivo è inferiore a 40.000 euro. Si può usufruire della detrazione se il reddito complessivo è inferiore a 40.000 euro e la deduzione fiscale per la colf si può sommare alla detrazione prevista per l’assistente familiare, e viceversa.
La detrazione dall’Irpef per le spese sanitarie relative alle persone non autosufficienti ricoverate in case di riposo, Rsa e strutture simili è del 19% dei pagamenti effettuati nell’anno, ma con un importo massimo di 2.100 euro. Anche qui, l’agevolazione viene riconosciuta solo ai contribuenti che hanno un reddito complessivo non superiore ai 40.000 euro annui.

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