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25 novembre: perché una giornata?

La violenza sulle donne va contrastata sempre, 365 giorni all’anno

A cura di Bianca Menichelli e Manuela Giarolo del Coordinamento Donne SPI CGIL di Verona Est

Il 23 aprile 2023 come Coordinamento donne SPI CGIL di Verona Est e SPI CGIL Provinciale, ci siamo ritrovate davanti alla panchina rossa dei giardini di Borgo Santa Croce.
Come tutte le panchine rosse che si incontrano nei parchi dei diversi quartieri di Verona, è la “Panchina del Rispetto”, simbolo dedicato alle donne vittime di femminicidio e di violenze, non solo fisiche ma anche psichiche ed economiche.
A fine gennaio la panchina era stata imbrattata forse da un gruppo di giovani, forse per un atto di stupidità e di ignoranza.
L’abbiamo sentito come violenza contro la dignità e la libertà delle donne.
Abbiamo riflettuto assieme alla cittadinanza sul filo rosso che unisce la lotta per la libertà, per i diritti e per il voto alle donne, fatta nella Resistenza dalle nostre nonne e madri, alle lotte di tutte le donne che nel mondo, stanno chiedendo libertà, diritti, dignità anche a costo della propria vita.
Il 27 ottobre 2023 abbiamo aperto un confronto con la cittadinanza sul valore, sul significato e sul peso delle parole.
Le parole, modulando pensieri ed emozioni, modificano il cervello, guidano le azioni, i comportamenti e cambiano la vita.
Le parole quindi determinano e tendono a cambiare il nostro modo di pensare, lo osserviamo nel quotidiano.
Ci possono cambiare profondamente.
Possono formare stereotipi mentali di cui facciamo fatica a liberarci, ci si può incanalare su idee rigide e intransigenti.
Come ha ricordato Massimo Recalcati al Festival della filosofia di Modena:
Ci sono parole che ci feriscono nel profondo, fin dalla più tenera età.
Vengono chiamate le parole–proiettile e hanno la capacità di lasciare
grandi impronte dentro di noi
“.
Il linguaggio, come pratica di relazione può condizionare la realtà, la collettività e va a formare le personalità individuali.
Si attiva lo stereotipo e, per le donne, il sessismo linguistico, particolare forma di violenza agìta tramite il linguaggio che a sua volta forma il tessuto linguistico collettivo.
Si attivano in questo modo precise aspettative culturali rispetto alle donne e agli uomini in termini di personalità, apparenza, occupazione, competenze, abilità, interessi e questo determina la storia sociale, le credenze, i giudizi.
Così si forma e de-forma la coscienza collettiva.
Il sessismo linguistico non è solo un abuso linguistico, è un abuso di potere.
Un esempio tra i più comuni casi di abuso di potere riguarda il “neutro universale maschile”, cioè l’uso del maschile plurale che include il femminile: fratelli per fratelli e sorelle, studenti per studenti e studentesse, bambini per maschi e femmine, uomo per essere umano e così via.
Ne deriva quindi che le donne sono soggetti invisibili non autonomi dal punto di vista linguistico e non solo, risultano essere unicamente una parte dell’insieme.
Invisibilità sottintende al non riconoscimento del valore.
Come il lavoro di cura svolto tra le mura domestiche che corrisponde a femminile e gratuito e naturalmento dovuto.
È lavoro, ma non considerato tale, privo di valore e di nome, così come nel mercato del lavoro la donna ha minor valore, è più sfruttata e povera perché sottopagata.
È un grande interrogativo l’invisibilità delle donne!
Il sistema sociale vigente è ancora a favore e a vantaggio del patriarcato.

È quindi dal cambiamento di un determinato tipo di linguaggio che deve partire, anche radicalmente, una prospettiva di società includente.
Eliminare la violenza verbale è il primo passo perché le donne vivano libere, perché trovino pari dignità in ambito affettivo, lavorativo, culturale, scolastico, politico.
Contemporaneamente è necessario accompagnare all’affettività e all’empatia, al rispetto e alla gentilezza ed educare ad affrontare la frustrazione del rifiuto e della sconfitta, fin dalla prima infanzia nel contesto familiare, continuando nel contesto scolastico per confluire in tutti i settori della società.
Solo così il genere umano potrà iniziare la coesistenza pacifica tra uguali, come dice la nostra Carta costituzionale e come hanno voluto le nostre Madri Resistenti e Costituenti.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” (art.3, primo comma, Costituzione italiana)

Una comunità includente è una comunità che non ha paura.
Non ha paura delle differenze.
Non ha paura delle scelte.
Non ha paura del futuro.
……..
Una comunità includente accoglie in sé persone
che lavorano assieme per un mondo migliore,
nel quale non ci sia posto
per violenze, prevaricazioni, estromissioni.
Un mondo inclusivo.

(Bianca Menichelli)

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