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Verona: meno di mille euro al mese sono la norma tra le donne

Filice (Spi Cgil): «Rincari e servizi inadeguati fanno precipitare la condizione di decine di migliaia di pensionate e pensionati, servono interventi concreti per superare il rischio di povertà»

Secondo l’elaborazione Spi Cgil Verona, anche quest’anno più di tre quarti delle pensionate e più di un quarto dei pensionati devono sbarcare il lunario con assegni pensionistici di importo inferiore ai mille euro al mese. Dati in linea con quelli dell’anno scorso, ma i “freddi numeri” non raccontano il drastico taglio del potere di acquisto delle pensioni determinato dall’inflazione e dal rincaro delle bollette, che ancora non è finito. Le pensioni basse sono a grave rischio di povertà.

L’Inps ha aggiornato al 1° gennaio 2023 i dati relativi alle pensioni vigenti del settore privato. In tale ambito a Verona risultano attive 263.602 prestazioni pensionistiche per un importo medio di 1.086,85 euro l’una, valori in leggero aumento rispetto al 1° gennaio dell’anno precedente, il 2022, quando le pensioni erano 261.472 per un importo medio di 1.022,53 euro, e anche rispetto all’anno prima ancora, quando, al 1° gennaio del 2021, le pensioni veronesi erano 260.871 per un importo medio di 988,24 euro.

Assistenza. Per la parte legata all’assistenza sociale a Verona risultano attive 32.694 pensioni di invalidità civile destinati soprattutto a non udenti e non vedenti civili, e 5.354 assegni sociali, il cui valore si aggira sui 500 euro mensili sostanzialmente fisso e uguale per tutti.

Pensione di Vecchiaia dei dipendenti privati. Se invece prendiamo il valore medio di una comune pensione di vecchiaia da lavoro dipendente non appartenente a regimi di contabilità separata (76.103 le prestazioni in questa categoria), l’importo si attesta intorno ai 1.483,61 euro mensili.

Divario di genere. Come sempre, restano gravi e insuperate differenze tra uomini e donne: quest’ultime percepiscono meno della metà degli uomini, tanto che l’importo medio di una pensione di vecchiaia femminile da lavoro dipendente privato (39.854 prestazioni attive) non arriva neanche ai mille euro mensili (966,49 euro) contro i 2.052,16 euro della pensione di vecchiaia media maschile (36.249 prestazioni attive), sempre da lavoro dipendente privato.

Superstiti e Invalidità. Le donne sono numerosissime nelle pensioni di tipo Superstite (45.912 prestazioni a loro erogate in questa categoria contro le appena 6.430 dei maschi) per un importo medio di 759 euro. Le pensioni di invalidità sono 6.976 per un importo medio di 876 euro e vengono corrisposte in maggioranza a uomini (4.064 pensioni per un importo medio di 1.020 euro). 

Autonomi. Magri anche gli assegni degli autonomi: la pensione di vecchiaia media degli artigiani o dei commercianti supera di poco i 1.200 euro con una forbice sempre molto ampia tra gli uomini (1.450-1.500 euro) e le donne (840-870 euro).

In totale le pensioni da lavoro dipendente di tutte le tipologie (vecchiaia, invalidità, superstite, assistenziali, contabilità ordinaria e separata) sommano 121.037 prestazioni per un importo medio di 1.387,93 euro. Le pensioni degli autonomi (compresi agricoli e parasubordinati) sommano 100.935 prestazioni per un importo medio di 919,36 euro.

Pensioni povere. Analizzando i dati per classe di importo, risulta che ben 155.824 pensioni, pari al 59,1% del totale, sono al di sotto dei mille euro mensili per un importo medio di 545 euro. Un anno fa le pensioni sotto ai mille euro erano 163.069, pari al 62,7%, per un importo medio di 537,5 euro. È quindi possibile apprezzare un relativo miglioramento che tuttavia è solo apparente, dal momento che nel corso dell’anno gli adeguamenti delle pensioni sono stati impietosamente mangiati dall’inflazione che per molti mesi del 2022 ha viaggiato a due cifre.

Quasi i ¾ di queste pensioni povere, anzi, poverissime, (111.232 in numero assoluto) sono femminili, cioè vengono erogate a donne, che sono dunque il nuovo volto delle persone oggi a rischio di povertà.

Pensioni e pensionati. Risalire al numero dei pensionati a partire dal numero delle pensioni non è impresa facile perché una stessa persona può percepire più di una pensione. Gli ultimi dati ufficiali Inps in merito al numero di beneficiari di prestazione pensionistica, erogata a qualunque titolo (per vecchiaia, invalidità, superstiti, indennitaria o assistenziale) e da qualunque ente (non solo dall’Inps, ma anche dall’Inail, che paga le pensioni indennitarie a seguito di infortunio o malattia professionale, dai fondi pensionistici o dalle casse professionali) indicano che a Verona vengono pagate in totale 327.022 prestazione pensionistiche, private e pubbliche, ad una platea di 236.385 beneficiari, per una media di 1,38 pensioni a persona. Si tratta di dati elaborati ad ottobre 2022 e riferiti alla situazione al 31 dicembre 2021.

Stime. È dunque possibile stimare che le 155.824 pensioni private povere evidenziate dai dati Inps 2023 corrispondano all’incirca a 113 mila pensionate e pensionati. Scendendo più nel dettaglio, il numero delle pensionate povere al di sotto dei mille euro mensili è stimabile a circa 81 mila donne, pari al 77% del totale (circa 105 mila), mentre i pensionati poveri al di sotto dei mille euro risultano circa 32 mila, pari al 37% dei circa 86 mila pensionati maschi.

Cumulo delle pensioni. Per quanto riguarda il cumulo delle pensioni abbiamo alcune significative indicazioni: il 73,6% dei pensionati maschi dispone soltanto della pensione di vecchiaia. Tale percentuale tra le donne crolla al 45,4%. In compenso le pensioni di tipo Superstite sono quasi a completo appannaggio delle donne: una su cinque (il 20%) cumula una pensione superstite ad una di vecchiaia, mentre tra gli uomini il cumulo di queste due prestazioni ricorre soltanto nel 5% dei casi. Per contro, il 13,6% delle donne può contare soltanto di una pensione di tipo Superstite, contro l’1,34% degli uomini. Circa una donna su 20 (il 5%) cumula una pensione di vecchiaia, una superstite e una pensione assistenziale. Gli uomini in questa situazione sono 1 ogni 200 (lo 0,5%).

Pensionate e pensionati “pareggiano” soltanto nell’ambito delle pensioni assistenziali (6,5% le donne e 6% gli uomini), che notoriamente vengono erogate indipendentemente dalla carriera lavorativa pregressa, a fronte di gravi disabilità fisiche o psichiche.

In breve, il fenomeno del cumulo delle pensioni appare strettamente legato alla condizione femminile, cioè al fatto che le donne vivono mediamente di più ed hanno o hanno avuto minore accesso al mercato del lavoro con maggiori buchi contributivi dovuti alle incombenze famigliari non equamente condivise.

«Questi dati denunciano una situazione delle pensionate e dei pensionati preoccupante e grave in quanto il galoppare dell’inflazione e dei costi legati all’energia hanno impoverito le persone mettendo in seria difficoltà chi percepisce pensioni povere e salari poveri e precari – sottolinea il Segretario generale Spi Cgil Verona Adriano Filice –. Bisogna denunciare e sottolineare che l’ultimo intervento dell’attuale governo non incide in nessun modo sulle pensioni, anzi l’ultimo provvedimento ha colpito i pensionati tagliando l’assegno pensionistico. Anche il piccolo aumento riconosciuto alle pensioni minime è stato di fatto pagato dai pensionati con la mancata completa rivalutazione.

A questo si aggiunge il de-finanziamento della sanità e del welfare in generale per cui le pensionate ed i pensionati, oltre a tutti gli aumenti di questi mesi, in moltissimi casi si devono pagare le visite e le prestazioni sanitarie.

È necessario dire la verità. Alle persone in difficoltà, alle pensionate e pensionati, l’attuale governo non riconosce nulla e colpisce un diritto sacrosanto, il diritto alla salute».

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