500 mila, 50 mila, 10 mila. Sono i “rapporti aurei” della campagna vaccinale in corso contro il Coronavirus. Questi numeri indicano infatti gli obiettivi ottimali di vaccinazioni giornaliere a livello rispettivamente nazionale, regionale e provinciale (ovviamente con riferimento al Veneto e a Verona) utili a rispettare i tempi della campagna vaccinale, che da previsioni del Commissario all’emergenza generale Figliuolo dovrebbe concludersi entro il prossimo mese di settembre.
Al 12 maggio 2021 il Veneto risulta aver somministrato circa 2,1 milioni di dosi pari ad oltre il 95% delle dosi consegnate, raggiungendo il 43,19% della popolazione con almeno una somministrazione. La percentuale di chi ha già ricevuto il richiamo è tuttavia sensibilmente più bassa: il 12,43% sebbene vada menzionato che non tutti i vaccini usati richiedano il richiamo.
Tra il 41% e il 43% di popolazione raggiunta troviamo 14 regioni italiane su 21. Lo stacco con la vituperata Calabria, che è al 36% è forse inferiore a quanto ci si potrebbe attendere. In testa troviamo Liguria e Molise rispettivamente con il 47% e il 46% circa mentre fanalino di coda è la Sicilia con il 35% di popolazione raggiunta.
In realtà l’andamento delle vaccinazioni eseguite è sempre stato molto altalenante e sebbene gli obiettivi sopra riportati siano stati spesso raggiunti, tenere il ritmo è difficile malgrado la rinnovata disponibilità di vaccini.
Un po’ in tutte le regioni, in maniera più o meno vistosa, i medici di medicina di base sono entrati in contrasto con l’organizzazione degli hub vaccinali che lascerebbero loro disponibili molte meno dosi rispetto a quanto sarebbero in grado di somministrarne ai propri assistiti.
Nel Lazio la Fimmg ha brandito l’arma dello stato di agitazione contro la Regione per protestare contro la continua apertura di nuovi hub vaccinali. Neanche a Verona i medici di famiglia hanno risparmiato critiche ad un sistema che “punta tutto sui grandi numeri dei Centri di Vaccinazione di Popolazione” trascurando o “lasciando in disparte” chi è quotidianamente a contatto con i pazienti in particolare i più fragili.
Nel nostro territorio le dosi consegnate ai medici di base risultano essere 18 al giorno nei giorni dedicati alle vaccinazioni a domicilio. Moltiplicate per gli oltre 500 medici di famiglia fanno un bel numero potenziale.
Del resto è esattamente quanto abbiamo detto fin dall’inizio della campagna vaccinale come Spi Cgil: una volta superato lo scoglio della logistica e delle modalità di conservazione del siero, che come è noto richiede condizioni ambientali particolari, la scelta più saggia e forse anche più efficace sarebbe stata quella di dare spazio ai medici di base, risparmiando così disagi, dubbi e angosce ai pazienti, soprattutto quelli più anziani e/o fragili per i quali il viaggio ai centri vaccinali non è sempre agevole.
Si sarebbe altresì potuto avvantaggiarsi di una rete già rodata da anni con la somministrazione stagionale del vaccino antinfluenzale. Ma si sa, soprattutto quando c’è di mezzo la politica la scelta più semplice non è mai la più ovvia.