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Dopo due anni di pandemia, il PNRR dà l’occasione per ridisegnare il futuro

L’eredità di due anni di pandemia per gli anziani: difficoltà a curarsi, paura e isolamento sociale. Il PNRR dà le risorse per invertire la rotta

Spi, Fnp, Uilp: «Vogliamo partecipare al ridisegno dei servizi territoriali, sanitari e sociali»

Si avvicina la ricorrenza dei due anni di pandemia e per gli anziani il bilancio è cupo: dei 138mila morti con Covid in Italia, quasi 117mila avevano più di 70 anni, con l’età media dei deceduti di 80 anni. Tra blocco intermittente della sanità ordinaria e paura del contagio, quasi la metà degli over 65 in questi due anni si è visto annullare, o ha scelto di saltare, visite diagnostiche. Le restrizioni sono, poi, diventate parte della quotidianità: 3 anziani su 4 non hanno vita sociale che comporti l’uscire di casa e frequentare luoghi di aggregazione. È la sintesi del quadro dipinto da diversi report dell’Istituto Superiore di Sanità. Quello che i report non hanno ancora rilevato, ma che i sindacati dei pensionati hanno già intercettato, è la grande voglia di tornare a vivere da parte degli anziani. Una voglia che può poggiare sulle risorse del PNRR: «La pandemia è uno spartiacque – considerano Elena Di Gregorio, Tina Cupani e Debora Rocco, segretarie generali di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Venetoil PNRR ci dà la possibilità di ridisegnare il futuro delle nostre comunità, dimostrando che abbiamo imparato la lezione: possiamo finalmente risolvere i vecchi problemi, che il Covid ha incancrenito, e affrontare i nuovi. E come sindacati vogliamo dare il nostro contributo, per tutelare gli anziani di oggi, ma soprattutto quelli di domani: il grosso della partita si gioca negli enti locali, per questo vogliamo partecipare ai tavoli sulla progettazione».

Dei 221,1 miliardi del PNRR, infatti, 87,4 andranno agli enti locali in larga misura per il rafforzamento della sanità territoriale (14 miliardi) e progetti di inclusione sociale, superamento delle fragilità e rigenerazione urbana (20,5 miliardi). «Per quanto riguarda la sanità, siamo di fronte alla possibilità di uscire davvero dalla visione ospedalo-centrica puntando su servizi territoriali capillari e di qualità», continuano le segretarie, «avendo ben chiaro che i bisogni della popolazione si sposteranno sempre di più nelle aree della fragilità e cronicità, e della non autosufficienza». Se oggi, infatti, un veneto su 4 ha più di 65 anni (1,2 milioni), nel 2050 sarà anziano un veneto su 3 (1,6 milioni). E in proporzione saranno i grandi anziani ad aumentare di più: gli over 80 passeranno complessivamente dai 358mila di oggi ai 693mila nel 2050. Ma vivere a lungo nel nostro paese ancora non significa invecchiare bene: rielaborando a livello regionale un’indagine Istat riferita al periodo pre pandemico, metà degli anziani soffre di più malattie croniche, anche gravi. Quando le cronicità diventano invalidanti, la situazione può precipitare nella non autosufficienza: nella nostra regione, il 16% degli anziani (circa 180mila over65) non è autosufficiente, del tutto o parzialmente, soprattutto per problemi motori. Fra gli over 75 la percentuale sale al 20%.

«Questi numeri sono emblematici – sottolineano ancora le tre segretarie – e confermano che l’epidemia del terzo millennio, come si diceva prima del Coronavirus, è rappresentata dalle malattie croniche. Malattie che mostrano i primi segnali ben prima dell’età anziana, e che necessitano quindi di una robusta rete sanitaria e socio-assistenziale sul territorio, in grado di fare prevenzione e di prendere globalmente in carico le condizioni di cronicità». In questo senso Spi, Fnp e Uilp lanciano già un monito: «Una rete di strutture, nuove o recuperate, non può funzionare se non c’è personale. Il potenziamento degli organici è la prima condizione per qualunque ragionamento sui servizi socio-sanitari».

Per abbattere il rischio di insorgenza di patologie croniche o invalidanti, è fondamentale una vita sana e attiva che, oltre alla responsabilità personale, ha bisogno di un contesto ambientale e sociale che la favorisca. «Dobbiamo pensare al benessere della popolazione anziana come a un mosaico con tanti tasselli», concludono Di Gregorio, Cupani e Rocco, «politiche per l’invecchiamento attivo, qualità dei trasporti pubblici o sociali per favorire l’autonomia, rigenerazione urbana per creare spazi di condivisione e aggregazione, promozione del volontariato per e degli anziani… anche qui il PNRR ci apre grandi possibilità che non possiamo permetterci di perdere».

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