I sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil incalzano la Regione per riprendere subito in mano i progetti legati all’invecchiamento attivo dopo la battuta d’arresto provocata dal Covid.
Il loro numero è in costante crescita, anche (fortunatamente) nell’anno della pandemia. E nei prossimi dieci anni è destinato a impennarsi ulteriormente. Insomma, secondo gli ultimi dati forniti dall’Istat, in Veneto la popolazione adulta e anziana degli ultra65enni rappresenta ormai un quarto dei residenti, nell’ambito di un trend demografico che non è destinato a fermarsi. Nella nostra regione, a inizio 2021, gli over 65 hanno raggiunto quota 1.142.756, in aumento sia rispetto al 2020, quando erano 1.135.667, sia rispetto al 2019 (1.119.979). In dieci anni il loro numero è raddoppiato e, in prospettiva, la crescita è costante tanto che attorno al 2030 gli anziani saranno circa 200mila in più rispetto a ora. Non solo. Fra gli over 65 veneti, più di un terzo vive solo, soprattutto nella fascia delle donne che conta circa 260mila vedove, contro i 50mila vedovi.
Proprio in considerazione di questi dati e dell’impatto della pandemia – capace di accentuare in modo esasperato la solitudine e l’isolamento degli anziani – i sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil del Veneto ribadiscono la necessità di riprendere subito in mano la programmazione triennale sull’invecchiamento attivo (legge regionale 23/2017), bloccata dal virus. Secondo le organizzazioni sindacali, i progetti per il sostegno degli anziani nell’attività fisica, nel volontariato, nella formazione, nel confronto fra generazioni, nella cultura e nel turismo sociale e in tutte le azioni legate appunto all’invecchiamento attivo, non possono subire ulteriori rinvii, soprattutto considerando le dinamiche demografiche che accompagnano il Veneto.
«Non si può pensare che le persone adulte e anziane vengano relegate ai margini della società man mano che invecchiano – hanno sottolineato i rappresentanti di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil durante il seminario unitario organizzato via web lo scorso martedì per fare il punto della situazione sugli interventi legati alla legge regionale 23 del 2017 -. Per questo abbiamo voluto con forza una legge sull’invecchiamento attivo e ora più che mai chiediamo che questa legge trovi piena applicazione avendo ricevuto già un finanziamento di circa un milione di euro».
Durante il periodo più duro della pandemia, nei primi mesi del 2020, la realizzazione dei progetti nei territori ha subito un forte rallentamento e la Consulta che monitora e organizza la programmazione si è riunita una sola volta nel 2020, e solo dopo le pressioni delle organizzazioni sindacali dei pensionati. Insomma, proseguono i rappresentanti di Spi, Fnp e Uilp, «non c’è più tempo da perdere anche perché, come ha dimostrato la pandemia, la solitudine può uccidere tanto quanto il virus. Più riusciamo a coinvolgere le persone adulte e soprattutto anziane nelle attività economiche, sociali e culturali della comunità, più saremo in grado di scongiurare le situazioni di isolamento ed emarginazione vissute in questo drammatico anno e mezzo. Alla Regione chiediamo soprattutto un monitoraggio più puntuale dei progetti finanziati, la rapida convocazione della Consulta, non più rinviabile, e un aumento delle risorse investite in questo campo, perché risultano ancora insufficienti».
Durante il seminario è stato anche annunciato l’avvenuto avvicendamento della rappresentanza di Fnp, Spi e Uilp in seno alla Consulta, con Maria Trentin (Fnp Cisl) che è subentrata a Lorenza Cervellin (Uilp Uil). Non solo. All’incontro sono intervenuti anche i rappresentanti delle associazioni di volontariato Auser, Anteas e Ada, che hanno descritto i risultati dei progetti realizzati in questi primi anni di applicazione della legge sull’invecchiamento attivo. Mentre dalle province si è messa in evidenza l’importanza di fare rete e di costruire partenariati con i vari soggetti del territorio. Lo scopo? Creare maggiore sinergia e partecipazione degli stessi anziani nell’attività di mutuo aiuto ai tanti “coetanei” soli e dotati di minori mezzi culturali ed economici per potersi costruire un presente e un futuro di maggior benessere.