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Terapie intensive: i soldi del 2020 mai spesi. Il Veneto ha attivato solo 60 nuovi posti letto su 211

Il decreto legge del 19 maggio 2020, chiamato anche Decreto Rilancio, aveva messo a disposizione delle Regioni 1.413 miliardi di euro per il potenziamento delle terapie intensive, semi intensive, dei pronto soccorso e dei servizi di ambulanza. Ad un anno di distanza, soltanto un quarto dei 3.591 posti letto “salvavita” di terapia intensiva aggiuntivi  è stato realizzato, e questo vale anche per il Veneto dove non conforta il tasso di realizzazione del 28,4% superiore alla media nazionale del 25,7% ma pur sempre inferiore ad un terzo del potenziale messo a disposizione.

Lo rivela la Corte dei Conti citando il monitoraggio del Ministero della Salute in un passaggio del suo articolato “Rapporto 2021 sul coordinamento di finanza pubblica” aggiornato al 15 maggio e di recente reso pubblico.

Certo, questo denaro non è perduto: il governo ha fatto confluire le risorse non spese nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) con nuovo termine di realizzazione rinviato al 2026. Ma fa riflettere, ed un po’ inquieta e fa arrabbiare, venire a sapere che nel pieno dell’emergenza della seconda ondata pandemica, quando si centellinavano, giorno per giorno, i posti liberi in terapia intensiva, fossero disponibili fondi inutilizzati ai quali si è attinto solo in piccola misura. Ma che cosa è accaduto?

Obiettivo del Decreto Rilancio del governo Conte Bis era di incrementare di 3.591 unità i posti di terapia intensiva a livello nazionale per un costo preventivato di 606,3 milioni di euro, e di realizzare inoltre 4.238 posti di terapia semi intensiva “con relativa dotazione impiantistica idonea a supportare le apparecchiature di ausilio alla ventilazione”, per un costo preventivato di 611,5 milioni, con il vincolo che “almeno il 50 per cento dei posti letto di area semi intensiva previsti dovranno essere rapidamente convertibili, in caso di emergenza, in strutture per la terapia intensiva”.

Inoltre, si mettevano a disposizione 192,7 milioni di euro per interventi di ristrutturazione dei Pronto Soccorso.

Da quanto è dato capire, è accaduto che i costi medi preventivati dal riparto nazionale abbiano fatto scattare una sorta di guerra dei prezzi da parte delle Regioni. A fronte di un costo medio standard per lo più oscillante dai 168 mila ai 173 mila euro per ogni posto di letto di terapia intensiva, le Regioni hanno dichiarato un fabbisogno fino a tre volte superiore a quello fissato a livello nazionale.

Ad esempio, la Valle D’Aosta ha dichiarato un costo medio di 417 mila euro per ogni posto di terapia intensiva, la Campania di 292 mila euro, il Molise di 349 mila euro, la Liguria di 260 mila euro. Più contenuto l’aumento richiesto da altre regioni, tra cui il Veneto (226 mila euro). Solo 5 Regioni e la Provincia autonoma di Bolzano hanno avanzato un preventivo inferiore. Per le terapie semi intensive, invece, quasi ovunque il preventivo medio delle regioni è risultato inferiore al prezzo medio nazionale. È così che, di discussione in discussione, il riparto è cambiato, il tempo è passato e gli interventi sono stati portati a termine solo in parte: su 211 posti di terapia intensiva programmati, il Veneto ne ha realizzati solo 60 (il 28,4%). Una percentuale molto lontana dal 100% della Provincia Autonoma di Bolzano e del 75% di Emilia-Romagna e Abruzzo.

Tra le semi intensive, solo 167 su 343, pari al 48,7%. Ad aprile 2021 in Veneto risultano conclusi 15 interventi di adeguamento di Pronto Soccorso su un totale di 43 programmati per una percentuale di realizzazione del 34,9% contro una media nazionale ferma al 13,7%. Una pagina poco edificante di questo caotico “federalismo sanitario”.

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