In questi mesi molte pensionate e molti pensionati si sono presentati nelle nostre sedi per denunciare l’estrema difficoltà di portare a completamento le procedure di attivazione dello Spid (Sistema Pubblico Identità Digitale).
Sappiamo che per lo Spid occorre possedere un numero di cellulare e un indirizzo di posta elettronica per completare la registrazione, il documento di riconoscimento e la tessera sanitaria in corso di validità.
Ciò che non viene sufficientemente sottolineato è che tali requisiti presuppongono a monte l’esistenza di una ulteriore dotazione, strumentale e cognitiva, che in persone al di sopra di una certa soglia di età e al di sotto di un certo livello di reddito non può in alcun modo essere data per scontata.
Procurarsi uno smartphone di relativamente recente generazione e un accesso ad internet rappresenta un costo non trascurabile per persone che vivono con la pensione integrata al minimo. Inoltre la comprensione delle terminologie tecniche come account, qrcode, captcha, url… e delle procedure informatiche quali ripristino e verifica password, autenticazione a due fattori ecc. sono lontane anni luce dalla vita quotidiana di molti anziani.
Giocoforza, per molte anziane e anziani, in particolare per chi vive da solo e non può contare sull’aiuto di figli o dei parenti, questo percorso diventa un vero e proprio percorso ad ostacoli che molte volte porta alla rinuncia.
Considerando che lo Spid è ormai indispensabile nei rapporti con la pubblica amministrazione, ci domandiamo se questo strumento sia stato pensato sapendo che c’è una fascia della popolazione con scarse conoscenze e abilità informatiche ed è pertanto impossibilitata ad ottenere con facilità queste credenziali.
Nel valutare positivamente la scelta di un unico codice di accesso a tutta la pubblica amministrazione, e nella necessità assoluta di garantire la privacy dei cittadini, ci domandiamo se questo strumento, per come è stato pensato, sia stata la scelta più giusta o se invece bisognava pensare anche alle persone senza una sufficiente abilità digitale.
Ma il problema è più profondo. Quando parliamo di trasparenza della PA intendiamo l’accessibilità totale delle informazioni che riguardano l’organizzazione e l’attività delle PA, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo democratico, conoscere le funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubblicazione dei dati sui siti istituzionali.
Ma se tali informazioni sono poi di difficile accesso e comprensione per larga parte della popolazione in quanto richiedono strumenti sempre più costosi e conoscenze sempre più raffinate, dove va a finire la trasparenza?
A chi servono “strade informatiche” sempre più veloci e sicure se poi vengono richiesti “mezzi” sempre più costosi e difficili da “guidare”?
Trasparenza è anche agilità degli strumenti che ci sono utili per accedere alla pubblica amministrazione e con lo SPID questo non è del tutto vero.
Adriano Filice, Segretario generale Spi Cgil Verona