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Redditi 2020, quasi il 40% dei veronesi vive con mille euro al mese

Verona è una provincia ricca, ma la distribuzione dei redditi va a favore della parte già benestante della popolazione: il 39,49% dei contribuenti veronesi, pari a 267.268 persone, dichiara infatti un reddito annuo lordo inferiore ai 15 mila euro, il che significa circa mille euro netti al mese.

La stragrande maggioranza dei contribuenti scaligeri, pari al 72,06% del totale, dichiara un reddito lordo annuo non superiore ai 26 mila euro.

Alla punta della piramide sociale veronese c’è un piccolo strato sociale formato da appena 33 mila persone (il 4,88% dei contribuenti) che dichiara redditi per più di 55 mila euro all’anno.

Questa la fotografia del nostro territorio che emerge dall’indagine sui redditi 2020 svolta dallo Spi Cgil Veneto su dati del Ministero delle Finanze. A livello regionale i dati non divergono di molto.

Occorre dunque interrogarsi su quale sia il rischio di povertà per migliaia di concittadini pensionate e pensionati, lavoratrici e lavoratori che si trovano a vivere con entrate risicate e continuamente erose dall’inflazione, mentre d’altra parte sappiamo che esiste una parte sostanziosa di ricchezza sottratta alla collettività mediante i meccanismi di evasione ed elusione fiscale.

Perché il punto è sempre lo stesso: pensionati e lavoratori sono alla base della piramide sociale ma le loro tasse costituiscono il 90% del gettito Irpef incamerato annualmente dallo Stato con cui poi si finanziano i servizi pubblici, dalla sanità ai trasporti ai sussidi. 

Secondo Adriano Filice, Segretario Generale Spi Cgil Verona «I dati elaborati dallo Spi Cgil Veneto confermano la forte difficoltà in cui versa la grande maggioranza dei pensionati e delle pensionate veronesi. Un dato che, messo accanto ai salari e stipendi sempre più risicati, mostra come la forbice delle diseguaglianze sociali si stia allargando anche a Verona.

Come sempre le diseguaglianze vanno di pari passo con l’ingiustizia sociale: pensionati e lavoratori sono infatti le categorie che di gran lunga contribuiscono all’imponibile Irpef (88,9% del totale) ma non ricevono in cambio i servizi necessari.

Quello che manca, dunque, è una vera lotta all’evasione e all’elusione fiscale e politiche sociali più efficaci a sostegno delle fasce più deboli. Manca, in particolare, un protagonismo dei Comuni che come Spi Cgil cerchiamo in tutti i modi di sollecitare ogni volta che incontriamo i Sindaci del territorio nell’ambito delle campagne annuali di Contrattazione Sociale.

Ai bilanci comunali occorre dare un orientamento preciso a favore delle fasce più deboli della popolazione. Viviamo tempi particolarmente difficili e l’intervento sociale deve essere rivolto ai pensionati e ai lavoratori che con le loro tasse contribuiscono in modo fondamentale a tenere in piedi le finanze comunali».

Per Francesca Tornieri, Segretaria Generale confederale Cgil Verona, «pur essendo una delle province più ricche del Paese, Verona non brilla affatto nella ripartizione dei redditi: i dati elaborati dallo Spi Cgil Veneto mostrano una percentuale tra le più alte di redditi fino a 15 mila euro (si collocano infatti in questa fascia il 39,49% dei contribuenti veronesi contro la media regionale del 37,71%), segno di un ceto medio che si sta via via diradando.

Tale dinamica si può forse comprendere meglio considerando che siamo anche la provincia più terziarizzata del Veneto dopo Venezia, comprendente cioè un gran numero di lavoratori impiegati nel variopinto mondo dei servizi dove il lavoro non è sempre buono né tutelato adeguatamente. La polarizzazione in corso tra i tanti che hanno poco e i pochi che hanno tanto conferma la bontà della linea del Sindacato che insiste nel chiedere una più equa redistribuzione del reddito anche attraverso l’uso della leva fiscale. Ritengo infine che queste cifre e queste dinamiche dovrebbero costituire materia di riflessione anche per i candidati a Sindaco di Verona».

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