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La ripresa dell’inflazione si mangia pensioni e stipendi e rende tanto più inaccettabile la riforma dell’Irpef

L’impennata dell’inflazione, che a novembre secondo l’Istat è cresciuta del 3,8% portandosi su livelli che non si vedevano dal 2008, unitamente agli adeguamenti irrisori delle pensioni, ai salari fermi e alla riforma del fisco con la riduzione delle aliquote che premia solo le fasce più alte di reddito, spingono il Paese e il territorio veronese su una strada sbagliata che porta diritta ad incancrenire le diseguaglianze sociali anziché lenirle e risolverle. Questa non è una fosca previsione del Sindacato alla vigilia dello sciopero generale del 16 dicembre ma una constatazione che ciascun lavoratore e lavoratrice, pensionata e pensionato, può fare guardando al proprio portafogli.

Il 1° gennaio 2022 scatterà l’adeguamento delle pensioni dell’1,7%, che il presidente Inps Pasquale Tridico ha avuto l’ardito di definire “considerevole”. Parliamo di 9 euro in più sulla pensione minima, che passerà da 515 a 524 euro, pari a 108 euro all’anno, e di 17 euro al mese su una pensione da mille euro, pari a 204 euro all’anno. Noi tuttavia constatiamo che l’inflazione accertata a novembre dall’Istat sui beni energetici è del 14% con una accelerazione del +24,9% ad ottobre e del +30,7% a novembre. Il 10 novembre scorso, l’Arena, autorità per l’energia, in audizione alla Commissione attività produttive della Camera ha avvertito che i rincari energetici proseguiranno per tutto il 2022 e in particolare nel primo quadrimestre, vanificando così gli sforzi del governo che contro il caro bollette aveva messo 3 miliardi a settembre e altri miliardi in legge di bilancio.

Il rincaro delle bollette metterà in grave difficoltà le pensionate ed i pensionati con pensioni basse, che nel veronese sono la grande maggioranza: 6,4 pensioni su 10 hanno infatti importi inferiori ai mille euro mensili e tra queste la media è di appena 527 euro mensili” considera Adriano Filice segretario generale dei pensionati Spi-Cgil Verona. “La prevista stangata del 30% sulla luce e del 15% sul gas (per non parlare degli altri rincari su generi alimentari, trasporti e servizi) si tradurrà in un esborso medio di 350 euro per coppia di pensionati, che si mangerà così l’intero adeguamento. Se poi si avverassero le previsioni del centro studi Nomisma energia, che ritiene possibile un aumento del 25% della luce e del 50% del gas, il rincaro sarebbe di 630 euro, semplicemente insostenibile”.

Come CGIL sosteniamo che l’inflazione è la più iniqua delle tasse perché colpisce in maggior misura le classi deboli e ciò rende tanto più indigeribile la riforma dell’Irpef predisposta dal governo che dedica quasi l’intero ammontare delle risorse (8 miliardi) ai redditi medio alti, come dimostrano tutte le tabelle. Per questo motivo riteniamo che sia indispensabile un intervento fiscale equo per migliorare le retribuzioni e le pensioni medio basse dove si colloca la stragrande maggioranza di chi lavora e di chi è in pensione.

Siamo un Paese che sull’equità fiscale e sociale non può continuare a scherzare o far giochetti, tanto più con 100 miliardi all’anno di evasione fiscale e contributiva. L’85% dell’IRPEF è versata da lavoratori/trici dipendenti e da pensionati/e che si concentrano per di più nella fascia di reddito 0-35.000 euro annui.

Teniamo conto, inoltre, che le lavoratrici veronesi e le pensionate veronesi e venete percepiscono una retribuzione e una pensione inferiore a quella degli uomini, il che rende il vantaggio fiscale ancora più impari oltre che esiguo per una famiglia. Lo stesso dicasi per i giovani che raggiungono i tetti salariali previsti dai contratti soltanto dopo anni e anni di lavoro.

È per questi motivi che, come Spi Cgil di Verona, analizzando le pensioni erogate della città della provincia , e conoscendo le condizioni materiali di chi vive con pensioni inferiori a 1000 euro, in pratica la maggioranza, anche difronte ad un così forte rincaro delle bollette e dell’inflazione in generale, chiediamo venga il momento di una reale intervento su pensioni e retribuzioni per migliorarne le condizioni e riteniamo l’intervento del governo non adeguato e profondamente iniquo e ingiusto.

In queste condizioni il Sindacato non poteva che confermare lo sciopero generale del 16 dicembre.

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