di Assunta Motta – FP Cgil Treviso
La spesa pubblica sanitaria è oggetto di un contratto sociale, tagliarla significa aprire un vero e proprio contrasto sociale; va usata con rigore e serietà ma è un investimento prezioso che deve servire a garantire prioritariamente le persone più fragili per migliorare il benessere, garantendo la salute, così come prevede la nostra Costituzione. I decreti o meglio le manovre economiche non hanno affondato la lama sui costi e sprechi o sulle gestioni disastrose, colluse con il malaffare; stanno tagliando invece, in modo orizzontale, un bisogno vivo della società: il sistema socio sanitario, senza salvaguardare il principio fondamentale di garantire tutto ciò che è necessario a chi ne ha bisogno.
Il modello Welfare della Regione Veneto si fonda sull’integrazione tra servizi sociali e sanitari. Questa integrazione costituisce un obiettivo strategico di programmazione del PSSR: ponendo al centro la persona e individuando nel territorio una scelta operativa e strategica, ipotizzando la riorganizzazione della rete dell’assistenza ospedaliera e territoriale. Purtroppo il tutto è ancora pura filosofia perchè la parte operativa: schede ospedaliere e territoriali non hanno visto luce, ma sappiamo che i tagli vedranno la loro realizzazione più importante sul taglio secco dei posti letto e, ovviamente sulla riduzione dei servizi all’utenza.
Il Veneto aveva anticipato una razionalizzazione della spesa sanitaria effettuando una “nuova definizione degli standard relativi all’assistenza ospedaliera”, prevedendo il parametro del 3,7 x 1000 abitanti (al momento si è tarati su 3,88 posti x 1000 abitanti); raggiungerlo equivale ad un taglio generalizzato di 1000 posti letto per acuti.
Contestualmente, il PSSR prevede una riduzione a 3,5 posti per acuzie trasformando 2000 posti letto da acuti a livello intermedio: riabilitazione, post acuzie ecc…. nell’arco di tempo destinato alla valenza del PSSR.
Da tutto ciò ne consegue una riorganizzazione della rete assistenziale: per noi la via prioritaria da seguire è il controllo affinchè i servizi e le prestazioni siano effettivamente e contestualmete trasformati e non soppressi, come invece temiamo.
In quest’ottica la riorganizzazione territoriale dovrà essere strategica, operativa, di ampio respiro e dovrà riguardare i medici di medicina generale h 24, la riorganizzazione distrettuale, l’assistenza domiciliare ecc…
Non vorrei che questo drastico intervento unilaterale esprimesse una subdola volontà politica, cioè quella di far percepire un lento soffocamento del sistema sanitario pubblico, convincendo il cittadino che questo sistema non è più sostenibile.