I sindacati dei pensionati veneti auspicano che l’Italia non perda questa occasione
Venezia-Mestre, 29 maggio 2020 – La pandemia da Covid-19 ci ha insegnato due cose: abbiamo pagato cari i 37 miliardi che l’Italia in 10 anni ha disinvestito dal settore sanitario (con un -48% su strutture, attrezzi e macchinari e un -5,3% sul personale), e abbiamo avuto la conferma del ruolo centrale dell’assistenza territoriale. In attesa di verificare tempistiche, modalità e gli effettivi importi che arriveranno con il pacchetto anti-crisi Next Generation EU presentato dalla Commissione europea, non dimentichiamo che sempre dalla Ue possono arrivare proprio quei 37 miliardi mancati negli anni grazie al Mes, strumento già operativo. «Sono soldi vincolati alla spesa diretta e indiretta legata al Covid-19 e al Veneto toccherebbero 3,5 miliardi», considerano i sindacati veneti dei pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, «sarebbero enormi i benefici per la sanità veneta, che ha retto evidenziando però diverse criticità. Sono incomprensibili e ingiustificate le incertezze ad accedervi: le risorse del Mes sono vitali per la sanità pubblica».
A livello nazionale e territoriale i soldi del Mes andrebbero prioritariamente investiti per creare un efficace piano di emergenza per affrontare tempestivamente il ripetersi di una eventuale pandemia, senza bloccare però l’attività sanitaria ordinaria. Inoltre, vanno impiegati per riequilibrare le differenze fra le regioni, in modo che su tutto il territorio nazionale siano garantiti i Lea (livelli essenziali di assistenza), superando così il fenomeno della migrazione sanitaria e garantendo a tutti i cittadini il diritto alla salute previsto dalla nostra Costituzione.
In Veneto le risorse del Mes si possono incanalare in tre filoni fondamentali: implementazione di personale e strutture, potenziamento della sanità territoriale e tutela delle fragilità. Sintetizzano i segretari generali veneti Elena Di Gregorio (Spi Cgil), Vanna Giantin (Fnp Cisl) e Fabio Osti (Uilp Uil): «In Veneto abbiamo bisogno di investire di più nella filiera territoriale dall’ospedale al domicilio, che è la grande incompiuta degli ultimi due Piani socio-sanitari regionali; di cancellare le liste d’attesa per evitare che sia necessario rivolgersi alla sanità privata; di veder finalmente diffuse in tutta la regione le medicine associate, che finora hanno cambiato diversi nomi ma sono ancora insufficienti; di rimettere mano al sistema delle case di riposo a partire dalla riforma delle Ipab che aspettiamo da vent’anni. Non possiamo dimenticare che fra i 1.900 morti veneti per Covid-19, oltre 700 erano anziani ospitati in Rsa».
Mes e sanità veneta: dove intervenire
Ecco come la sanità regionale può beneficiare del Mes secondo i sindacati veneti dei pensionati.
· Ristrutturazione di ospedali di comunità e centri di riabilitazione: in Veneto l’offerta di assistenza nella fase intermedia dalla cura delle acuzie risulta ancora ampiamente inadeguata.
· Abbattimento delle liste attesa con assunzione di personale, che faccia funzionare a pieno ritmo i macchinari per la diagnostica, sui quali continuare gli investimenti ampliando, nel contempo, le fasce di apertura degli ambulatori.
· Realizzazione di poliambulatori territoriali per i Team di Assistenza Primaria in rapporto con le Unità Speciali di Continuità assistenziale a domicilio: i sindacati dei pensionati sostengono da sempre lo sviluppo delle medicine di gruppo e apprezzano l’introduzione delle Usca, un nuovo servizio certamente da mantenere anche dopo l’emergenza.
· Tutelare le fragilità con il potenziamento di hospice, centri per disabili, centri recupero dipendenze; con il rendere pienamente operativa la legge regionale 30/2009 sulla non autosufficienza (finora spezzettata nei vari Piani sociosanitari regionali e in attesa che ci sia una legge quadro nazionale) e con il rendere strutturali gli investimenti per l’invecchiamento attivo.