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Cambia il sistema delle cure domiciliari. Dura reazione dell’Uripa, ma per noi è la strada giusta

Lo scorso 4 agosto la Conferenza permanente tra lo Stato e le Regioni ha approvato lo schema dei requisiti minimi che le strutture pubbliche e private saranno chiamate a rispettare per ottenere l’autorizzazione e l’accreditamento allo svolgimento delle cure domiciliari. Una novità che in realtà ne contiene due.

Ora il servizio di cure domiciliari viene svolto dai Comuni ricorrendo a servizi prestati da imprese e cooperative individuate secondo criteri professionali più o meno discrezionali. Entro l’agosto 2022, invece, le Regioni sono tenute ad attivare (o uniformare se già ne hanno uno) un sistema di autorizzazione e accreditamento secondo i precisi criteri di dotazione strutturale, tecnologica ed organizzativa fissati dall’intesa.

Per la prima volta, dunque, viene disegnata per le cure domiciliari una cornice organizzativa coerente e uniforme su tutto il territorio nazionale.

L’altra novità è che il servizio viene tolto dall’improvvisazione a cui finora era stato consegnato a causa della mancanza di un quadro normativo certo, fatta eccezione soltanto per il sistema per le cure palliative. Chi svolgerà le cure domiciliari, pubblico e privato che sia, dovrà rispondere a precisi requisiti così come accade con le residenze socio assistenziali, le case di riposo, gli ospedali e tutte le strutture che svolgono un servizio sanitario.

Di più, viene fissato una volta di più il principio secondo il quale occorre “privilegiare, quando possibile, percorsi di cura e assistenza nei luoghi di vita della persona diminuendo il ricorso a forme di cura e assistenza istituzionalizzate (ospedali e rsa)”. E’ infatti “dimostrato che la domiciliarizzazione delle cure consenta una umanizzazione del trattamento e riservi il ricovero alle fasi acute della malattia”.

I primi destinatari di questa novità saranno i soggetti sottoposti ad isolamento, quelli affetti da malattie croniche, quindi anche molti anziani, i disabili, le persone con disturbi mentali e dipendenze patologiche, i non autosufficienti, i bisognosi di cure palliative, e in genere le persone in situazioni di fragilità.

L’intesa ha incontrato la ferma contrarietà dell’Uripa, l’associazione che riunisce gli istituti per anziani della nostra regione, la quale parla di “populismo”. Secondo il presidente Roberto Volpe, “di fronte ai trend demografici attuali, il patrimonio rappresentato dai Centri di Servizio che operano nella nostra Regione va preservato, potenziato ed adattato gradualmente alle nuove necessità”.

Come Spi Cgil diciamo che il valore e l’importanza dell’assistenza residenziale è fuori discussione, nessuno può pensare che l’anziano possa essere curato esclusivamente a casa. Come tuttavia ha messo tragicamente in rilievo la pandemia da Covid, la nostra regione così come il resto d’Italia accusano un terribile vuoto sotto l’aspetto delle cure domiciliari. Un vuoto che ha finito per pesare sugli ospedali e che questa riforma cerca opportunamente di colmare. Ci auguriamo pertanto che la riforma proceda spedita e che vengano valorizzate nel migliore dei modi, in maniera condivisa e concertata con le parti sociali, le ingenti risorse che il Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, assegna alle cure domiciliari, riscattando le persone bisognose di assistenza da uno stato di fatto che le vede molto spesso vivere in condizioni precarie, prive di reale supporto, in attesa di una inevitabile istituzionalizzazione.

Scarica l’intesa Stato-Regioni

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