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RIFORMA DELLE IPAB, NON DEVE PASSARE UN ALTRO ANNO. 12 marzo presidio in Regione

” La riforma delle Ipab è ancora ferma al palo. Siamo a quasi 4 anni dalla presentazione del Progetto di Legge (il numero 25), invischiato da continui slittamenti nonostante le ripetute sollecitazioni del sindacato preoccupato dall’avanzare della privatizzazione del settore e dalle crescenti difficoltà dell’utenza.”

Spi, Fp e Cgil Veneto in presidio davanti a Palazzo Balbi martedì 12 marzo alle 9.30 per chiedere l’immediata calendarizzazione del progetto di legge sulla riforma delle IPAB. Una riforma che è ancora ferma al palo. Siamo a quasi 4 anni dalla presentazione del Progetto di Legge (il numero 25), invischiato da continui slittamenti nonostante le ripetute sollecitazioni del sindacato preoccupato dall’avanzare della privatizzazione del settore e dalle crescenti difficoltà dell’utenza.

Ora, all’insegna della parola d’ordine “RIFORMA DELLE IPAB, NON DEVE PASSARE UN ALTRO ANNO” la Cgil (congiuntamente con Fp e Spi) ha deciso di scendere in piazza. Lo farà il 12 marzo con un presidio davanti a palazzo Balbi cui parteciperà una nutrita delegazione (circa un centinaio) di lavoratori delle Ipab venete assieme a gruppi di pensionati e rappresentanti sindacali. L’appuntamento è per le 9,30 ed è previsto per metà mattinata un incontro tra una delegazione della Cgil e l’Assessore Lanzarin.

I nodi da affrontare sono molti e, proprio partendo dalla riforma (di cui la Cgil chiede l’immediata calendarizzazione in Consiglio), si tratta di approdare ad una ridefinizione del ruolo delle Ipab (110 in Veneto) che devono veder rafforzata la loro natura pubblica ed estendere la propria capacità di intervento nella filiera dei servizi territoriali e dell’integrazione socio sanitaria. Ciò anche a fronte del progressivo invecchiamento della popolazione che comporta una maggiore domanda e pluralità di servizi.
La Cgil pone anche altre richieste che riguardano sostanzialmente tre ordini di questioni:

1⃣ l’aumento delle impegnative di residenzialità (quota di retta sostenuta dalla Regione a copertura delle prestazioni sanitarie) di cui oggi beneficia solo il 70% degli utenti (25.000 a fronte di un totale di 33.000 posti letto) e del loro importo, fermo ai livelli del 2010 e non più consono a fronte dell’evoluzione che c’è stata;

2⃣ l’incremento degli organici, dagli operatori socio sanitari fino a professionalità specifiche quali geriatri, psicologi, assistenti sociali, di cui vi è una forte carenza nelle strutture;

3⃣ l’applicazione in tutto il sistema dell’assistenza (pubblico e privato) dei contratti nazionali firmati dalla organizzazioni maggiormente rappresentative per evitare, soprattutto in alcune strutture accreditate, trattamenti del personale diversi e peggiorativi.

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