I pensionati approvano la piattaforma unitaria e aprono la vertenza con il nuovo assessore regionale ai Servizi Sociali sulle politiche per i non-autosufficienti e per le famiglie.
Con voto unanime e piena condivisione di intenti ed obiettivi, i consigli direttivi dei sindacati dei pensionati Veneti Spi Cgil, FNP Cisl e Uilp hanno approvato il 28 ottobre u.s. il documento che apre ufficialmente la vertenza con la Regione Veneto sulla mancata applicazione delle normative in ambito socio-sanitario. All’assemblea ha partecipato, con l’intervento di chiusura dei lavori, il segretario generale nazionale UILP Romano Bellissima: “Anche in sede nazionale i pensionati sono uniti per difendere il diritto alla salute ed alla qualità del welfare”.
Il documento unitario (che è già sul tavolo del neo assessore ai Servizi sociali, Davide Bendinelli) parte da alcune considerazioni, evidenziando che:
- il nuovo Piano socio-sanitario regionale 2012-2016 rischia di essere attuato a macchia di leopardo;
- la legge regionale 30/2009 sulla non autosufficienza è sostanzialmente inapplicata;
- la legge quadro nazionale sull’assistenza sociale (328/2000) in Veneto non è mai decollata, dicono perché mancano le risorse.
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Scarica QUI il volantino di sintesi con le proposte dei sindacati
Alla Regione Veneto i sindacati chiedono di utilizzare i risparmi derivanti dalla diminuzione dei posti letto ospedalieri e dalla riduzione del numero delle Ulss per potenziare le attività nel territorio (distretti, strutture intermedie, medicine di gruppo integrate, centrali operative territoriali) che oggi sono a rischio.
Nel documento i segretari dei sindacati dei pensionati (Rita Turati – Spi Cgil, Adolfo Berti – FNP Cisl e Walter Sperotto – Uilp) invitano la Regione a farsi carico dei problemi delle famiglie e dei non autosufficienti sottolineando che “non basta fare le leggi – si legge – è necessario renderle operative, verificarne l’attuazione, monitorarne gli sviluppi nel territorio”.
Sugli interventi da proporre nell’applicazione delle normative, i sindacati hanno le idee chiare e scrivono nero su bianco cosa vorrebbero venisse fatto.
Legge regionale 30/2009 sulla non-autosufficienza – Mentre si discute sulla necessità di avere una legge nazionale sull’argomento, la Regione Veneto che l’ha fatta, continua a non applicarla. Sul fronte finanziario il fondo per la non autosufficienza viene quantificato di anno in anno, senza una programmazione a lungo termine, mettendo a rischio i servizi. Il mancato recepimento della legge nazionale per la riforma delle Ipab ha aperto la residenzialità al libero mercato. La Regione in questi anni non ha voluto governare il settore dando con troppa facilità accreditamenti, senza curarsi della qualità dei servizi.
“Chiediamo alla Regione adeguate risorse per l’intero settore della non autosufficienza – scrivono Turati, Berti e Sperotto nel documento approvato dalle assemblee – rafforzando, nel contempo, il ruolo dei Centri di servizio (ex case di riposo, ndr), e quindi non solo posti letto, ma anche offerta di servizi diurni ed assistenza domiciliare”.
Piano Socio Sanitario Regionale (PSSR) 2012-2016 – A metà strada dalla sua approvazione molti sono ancora i punti oscuri o di mancata realizzazione:
- I COT Centri Operativi Territoriali
Devono diventare il primo contatto con la sanità per il cittadino che ha un problema. Al momento quasi tutte le ULSS hanno attivato il servizio solo in uscita da un ricovero, ma pochissime lo hanno attivato anche in entrata attraverso sportelli aperti all’utenza.
- Le Medicine di Gruppo Integrate
È ormai nota la resistenza dei medici di medicina generale a far partire il servizio che garantirebbe un’assistenza territoriale h24, in grado quindi di diminuire gli accessi impropri nei pronto soccorso ospedalieri. Occorre definire subito le regole e garantire l’attivazione delle medicine di gruppo in tutto il territorio regionale entro il 31.12.2015.
- Assistenza territoriale
Secondo il PSSR sarà garantita attraverso il potenziamento del ruolo dei distretti, delle medicine integrate, degli ospedali di comunità e della domiciliarità. In assenza di finanziamenti certi, però, l’assistenza territoriale rimarrà relegata ad un ruolo del tutto marginale.
- Ticket e Superticket
Si può arrivare a rimodulare il peso dei ticket sui bilanci familiari. Proponiamo una fascia di esenzione elevata a redditi familiari fino a 36mila euro e la differenziazione dei superticket su scaglioni di reddito progressivi.
“È in atto un forte processo di centralizzazione finanziaria – dice Rita Turati, Spi Cgil – e di sanitarizzazione del sistema. Il PSSR ha prodotto un risultato importante: ha consentito un fortissimo controllo della spesa, ha recuperato parte del deficit, ma questo essendo avvenuto in assenza di una riorganizzazione, ha prodotto abbassamento qualità complessiva e spostato il carico assistenziale sulle famiglie. C’è un gran divario tra i principi contenuti nel piano e ciò che sta avvenendo nei territori, con strutture e servizi che stentano a decollare, riducendo il settore sociale ad un ruolo assolutamente residuale”.
“Il PSSR è una buona normativa – continua Adolfo Berti, Fnp Cisl – ma spero che la sua applicazione non si risolva come purtroppo è stato per la legge 30 sulla non autosufficienza e la riforma delle Ipab. I pensionati del Veneto non accetteranno più queste logiche dilatorie e irresponsabili che stanno scaricando sugli anziani e sulle loro famiglie tutti i costi di una assistenza che, se non si cambia, presenta lacune incolmabili. Pertanto speriamo che la disponibilità dell’assessore Bendinelli ad affrontare con il sindacato i problemi relativi alla non autosufficienza e alla realizzazione nel territorio del PSSR porti a risultati concreti nel breve termine”.
“Noi dobbiamo dare delle risposte ai pensionati – conclude Walter Sperotto, Uilp Uil – il cui reddito continua a essere eroso dall’aumento dei costi al quale non corrisponde un adeguamento del trattamento previdenziale. L’impoverimento di alcune fasce della società, soprattutto quelle già a basso reddito come quella degli gli anziani, è un fenomeno che non va sottovalutato. Il disagio economico produce infatti anche un disagio scoiale che si traduce anche in un disagio sanitario: la gente rinuncia a curarsi, sia nel pubblico che nel privato. La sanità privata, per esempio, nel 2013 ha perso 2 miliardi. Mentre in quella pubblica si tagliano i fondi, e quindi servizi, a scapito della qualità delle prestazioni”.