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La sanità veneta si confronta, nel territorio e tra i territori. Con Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia

Lo SPI Cgil Veneto ha organizzato (mercoledì 8 aprile) un seminario di approfondimento sul tema della sanità regionale con l’ambizione di mettere a confronto tre realtà: Veneto, Emilia-Romagna e Friuli.

miniatura 300x300Le tre Regioni si sono dotate di uno strumento di programmazione, un Piano Socio Sanitario Regionale, pensato in momenti diversi ma con un obiettivo comune: riorganizzare il sistema per renderlo sostenibile oltre che economicamente anche socialmente. Sono invece diversi i modelli organizzativi, di governance istituzionale e di finanziamento scelti. E sono diverse le scelte realizzate su questioni particolarmente importanti per lo SPI-CGIL: cure primarie-strutture, intermedie-non autosufficienza con un focus sul sistema di concertazione e di partecipazione. Proprio su questi temi si è focalizzato il seminario.

Cure primarie-struttura, intermedie-non autosufficienza, concertazione: perché partire da questi temi?

Un primo motivo: pensiamo che lo sviluppo delle cure primarie sia un nodo non risolto del nostro sistema sanitario. Non a caso è inserito nel Patto per la salute, siglato l’anno scorso, come punto centrale da cui partire per riorganizzare il Servizio Sanitario Nazionale. È il settore che più di altri stenta a riorganizzarsi e su cui esistono le differenze più macroscopiche tra i territori. Accessibilità – integrazione – persona – comunità, che, come sappiamo va oltre la dimensione del territorio, rappresentano le  parole chiave per la sua riorganizzazione. Come ci si sta muovendo, quali le difficoltà, quali i risultati.

Un secondo motivo: pensiamo che una vera riorganizzazione non possa prescindere da un processo partecipativo in grado di rendere tutti i soggetti che vivono, lavorano in quella comunità, partecipi e protagonisti del cambiamento.

Terzo motivo: l‘urgenza di una riflessione sulla sanità e sui bisogni di salute deriva certo dalla lettura dei dati economici ma anche dai dati del contesto sociale. Parlare di salute quindi significa anche parlare di dati anagrafici, indicatori sociali, sanitari, di dimensione politica.

A queste motivazione si aggiunge anche una ulteriore elemento di sintesi. Per quanto i dati contabili confermino che il nostro sistema sanitario pubblico nazionale e regionale,  sia sostenibile occorre porre molta attenzione al fatto che i tagli rischiano di ridurre le tutele e costringere i cittadini a ricorrere al mercato privato senza possibilità di scelta.

La Salute al centro dei bisogni dei cittadini e al centro delle trasformazioni sociali.

La salute è una risorsa sociale riproducibile, non è infinita e non è scontata (come testimonia la Grecia), è riproducibile attraverso politiche sociali, economiche, ambientali, sanitarie, culturali. La sua tutela dipende dunque dalla qualità dell’intervento pubblico, da come i soldi vengono spesi o sprecati, buttati via, da quanto è presente la corruzione e l’illegalità, appalti gonfiati da costi impropri. La questione della sostenibilità finanziaria e sociale è intrecciata dunque con quella morale e con le scelte di politica economica, sociale e di governo del territorio.

Dalla lettura di quanto sta avvenendo emerge un forte bisogno di cambiamento, di riorganizzazione del sistema dei servizi. Mettere fine al “Definanziamento” dei fondi nazionali e dare certezza alle risorse sanitarie e dimensione a quelle sociali, in modo da consentire una vera programmazione e togliere qualsiasi alibi. Togliere il blocco dei contratti e del turn-over, mettere fine alla carenza cronica di personale e all’aumento del precariato, per rimotivare gli operatori e ridare qualità ai servizi.

Una proposta di lavoro: una sanità nel territorio

Riorganizzare e riallocare (e non tagliare) le risorse con attenzione a come cambia la camunità. Da questa affermazione deriva una importante linea di azione e di intervento per lo SPI-CGIL del Veneto: l’esigenza di implementare una riflessione su un nuovo paradigma della sanità e del sistema socio sanitario assistenziale più vicina al territorio e messa in grado di ascoltare le istanze, i bisogni che salgono dai cittadini, dal lavoro e dalle loro rappresentanze.

La direzione per l’innovazione della sanità può essere così sintetizzata: “le riforme politiche da sole, le riforme economiche da sole, le riforme educative da sole, [le riforme sportive], le riforme della vita da sole sono state, sono e saranno condannate all’insufficienza  e al fallimento. Ciascuna riforma può progredire solo se progrediscono anche le altre.” (Edgar Morin)

Questa nostra proposta di lavoro (un nuovo paradigma?) ha caratterizzato anche lo stile della giornata seminariale. Le domande che hanno guidato la discussione sono le seguenti e hanno come punto di partenza l’ascolto del territorio:

  • Come cambia il nostro territorio? I bisogni dei nostri cittadini?
  • Come si sta riorganizzando la nostra sanità?
  • Ma esiste un modello migliore?

Anche la scelta dei relatori è stata guidata dall’attenzione alla specificità e trasformazioni dei territori. Sono stati chiamati esperti del tema dai tre territori regionali: Dr.ssa Barbara Schiavon (Direzione generale sanità e politiche sociali Regione Emilia Romagna); Dr.ssa Cristina Beltramello (Direttore Distretto ULSS 8 TV); Dott. Giuseppe Napoli (Presidente Federsanità ANCI FVG).

Come esperti del territorio e delle sue trasformazioni: Ivan Pedretti (segreteria nazionale dello SPI), Bruno Pizzica  (Segr. Gen. SPI Emilia Romagna), Ezio Medeot (Segr. Gen. SPI del FVG),  Rita Turati (Segr. Gen. SPI del Veneto) e Davide Conte (economista).

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