Nella bozza, salta l’attuale meccanismo degli scaglioni. Previste 6 fasce di reddito da pensione con indici di rivalutazione decrescenti
Nella manovra di bilancio, il Governo Meloni mette mano alla tanto attesa rivalutazione 2023, che dovrebbe ripristinare almeno in parte il potere di acquisto di milioni di pensionati e pensionate.
Nella bozza proposta dell’esecutivo, la rivalutazione rimane al 100% (quindi al 7,3%) per le pensioni fino a 2.100 euro lordi circa, pari a quattro volte il trattamento minimo Inps. Oltre questa soglia scattano i tagli, con tassi di rivalutazione decrescenti applicati all’intero importo: salta quindi il meccanismo degli scaglioni. Di seguito i tassi di rivalutazione ipotizzati:
- 5,84% (80% di 7,3%) per gli assegni fino a cinque volte il minimo,
- 4,02% (55% di 7,3%) per quelli tra cinque e sei volte il minimo,
- 3,65% (50% di 7,3%) tra sei e otto volte il minimo,
- 2,92% (40% di 7,3%) tra otto e dieci volte il minimo
- 2,56% (35% di 7,3%) per le pensioni superiori a 10 volte il minimo (circa 5.250 euro).
I trattamenti al minimo subirebbero una maggiorazione extra di 8 euro per effetto di una rivalutazione dell’8,8%, passando da 525,38 a 571,62 euro.
La reazione dello Spi nazionale non si è fatta attendere, con Ivan Pedretti che commenta: “La manovra di bilancio del governo Meloni si finanzia con il taglio della rivalutazione delle pensioni e con la tassazione degli extra-profitti, peraltro già prevista e solo in parte aumentata. I pensionati italiani vengono quindi trattati come un bancomat e alla stregua di aziende che fatturano miliardi di euro. Pensioni da 1.500/1.600 euro netti al mese, frutto di oltre 40 anni di lavoro e di contributi versati, vengono fatte passare per ricche. Il meccanismo di rivalutazione, una conquista del sindacato, cancellato e riscritto senza uno straccio di confronto. Con questi soldi fanno condoni, aumentano il tetto del contante, favoriscono i furbi e gli evasori. Risponderemo”.
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