“Se qualcuno di voi sopravvive, deve raccontare quel che è successo qui. Il mondo non può dimenticare. Il mondo non può ripetere tutto questo“.
Celebriamo la ricorrenza del 27 gennaio, Giorno della Memoria, con una frase tratta da I ragazzi di Buchenwald, opera pubblicata nel 2022 in cui Robert Waisman, una delle voci più autorevoli nella trasmissione della memoria dell’Olocausto, ha raccontato la sua storia di sopravvissuto per la prima volta, all’età di ottant’anni. Per mantenere il ricordo delle vittime della Shoah, oggi come domani.
I ragazzi di Buchenwald
Strappato alla sua infanzia serena nel villaggio di Skarzysko-Kamienna, in Polonia, dopo aver vissuto l’opprimente miseria del ghetto ed essere stato costretto a lavorare in una fabbrica di munizioni, l’11 aprile 1945 Romek Wajsman viene liberato dalle truppe statunitensi. Romek ha solo quattordici anni, e insieme a lui e al futuro premio Nobel Elie Wiesel, quel giorno, nel campo di Buchenwald vengono trovati più di quattrocento giovani ebrei. Sono bambini e poco più: ragazzi denutriti, spaventati, già segnati dal senso di colpa, senza nessuno da cui tornare. Dopo un viaggio nell’Europa distrutta dalla guerra, vengono trasferiti alla OEuvre de Secours aux Enfants di Écouis, nella Francia del nord, un centro di accoglienza fondato tra gli altri da Albert Einstein, che aveva come missione il recupero fisico e psicologico dei piccoli reduci scampati all’Olocausto e il loro reinserimento nel mondo. In questa testimonianza preziosa e inedita, Robert Waisman racconta la sua esperienza di sopravvissuto e la storia di questo luogo unico, dove centinaia di ragazzini hanno saputo trasformare il dolore e la rabbia in stimoli costruttivi. E dove, con coraggio, sono cresciuti tenendosi stretta la memoria del passato ma aprendosi con fiducia al futuro.