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Fracassi, Cgil: “Def inadeguato, confermata la mobilitazione”

Negativo il giudizio sul Documento di Economia e Finanza 2023: mancano le risposte strutturali e gli interventi necessari per sostenere i redditi e la coesione sociale.

Consapevoli delle difficoltà e delle variabili che rischiano di incidere negativamente su questa fase economica, riteniamo che il Def non sia adeguato alla fase che sta attraversando il Paese“. Netto il giudizio di Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della Cgil, in audizione sul Documento di economia e finanza per il 2023, presso le Commissioni Bilancio di Senato e Camera.

Si sceglie una politica di bilancio restrittiva, per di più in presenza di politiche monetarie restrittive“. Inoltre, “le previsioni di crescita del Governo risultano superiori a tutte quelle calcolate dai principali istituti nazionali e internazionali. A questo “ottimismo” si affida la possibilità e la copertura di tutte prossime misure incluse quelle della legge di bilancio“. Sul versante investimenti non sono previste risorse nazionali aggiuntive al PNRR e ai Fondi strutturali: si prevede che il carico di inflazione, spese per sanità, istruzione e stato sociale gravi su lavoratori e pensionati, senza aggredire extraprofitti e profitti.

Scarica il testo completo dell’audizione

In particolare, ecco le critiche a quanto previsto dal Def in ambito di previdenza, sanità e welfare.

Previdenza

Il superamento della Legge Fornero è ulteriormente rimandato. Non solo. Anche le piccole misure (es. quota 103, opzione donna) da confermare per il prossimo anno, non hanno copertura sufficiente.

Contrariamente agli impegni assunti direttamente dal Governo con le OOSS, di riformare il sistema pensionistico, in questo DEF non vengono stanziate risorse sul capitolo previdenziale.

Sanità

Il DEF programma una riduzione delle risorse disponibili in rapporto al PIL. Per 2023 c’è una discesa delle risorse dello 0,3 nella sanità: ciò significa che sostanzialmente non si dà risposta all’emergenza che sta attraversando la sanità pubblica. Manca inoltre il finanziamento di un piano di occupazione pubblica che possa rispondere da un lato all’elevato numero di pensionamenti e dall’altro rafforzi e qualifichi il sistema pubblico ben oltre il turn over.

L’attestazione del finanziamento della spesa sanitaria al 6,2% del PIL, a fronte di una media UE pari all’8%, conferma la volontà di non investire e, quindi nei fatti, di proseguire lo smantellamento del SSN, indebolito dalla pandemia e dall’inflazione di questi anni, e di favorire la progressiva privatizzazione della salute.

Welfare

La spesa prevista per le prestazioni sociali non risponde alla necessità di rispondere alle crescenti difficoltà che una ampia fascia di popolazione si trova ad affrontare, anche per sostenere bisogni di prima necessità, in seguito alla crisi energetica e all’impatto dell’inflazione.

Appare poco efficace, in termini di risposta all’emergenza demografica, con il crollo della natalità e il progressivo invecchiamento della popolazione, una politica di sostegno alla famiglia centrata prevalentemente su trasferimenti economici e che punta più all’investimento nel welfare aziendale invece che a quello necessario per il welfare pubblico e universale.

Assenti le risorse idonee a rispondere al progressivo invecchiamento della popolazione e al crescente bisogno che ne deriva di interventi e servizi socio-sanitari integrati rivolti alla popolazione anziana e non autosufficiente, il cui reperimento è esplicitamente rinviato ai decreti attuativi della legge delega di recente approvazione.

Foto: Marco Merlini

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