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Crisi delle case di riposo venete, no all’aumento delle rette

L’incremento delle spese dovute al Covid non deve ricadere sulle famiglie: «La Regione mantenga la promessa di evitare i rincari e stanzi altri fondi per il 2021»

L’Appello di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Veneto all’assessora Manuela Lanzarin

VENEZIA-MESTRE, 4 febbraio 2021 – La crisi delle case di riposo venete causata dal Covid non può essere pagata dagli ospiti o dalle loro famiglie. È il messaggio che i sindacati dei pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Veneto ribadiscono con forza alla Regione e all’assessora Manuela Lanzarin, riaffermando il proprio “NO” a qualsiasi aumento delle rette mensili. La crisi delle Rsa, com’è noto, è dovuta all’impatto della pandemia che ha ridotto il numero degli ospiti (tanti decessi e blocco dei nuovi ingressi) e ha incrementato le spese per le sanificazioni, per l’adozione dei nuovi dispositivi di protezione e per l’adeguamento dei locali. Insomma, la situazione delle case di riposo si presenta oggettivamente complicata e, soprattutto nelle Ipab pubbliche, le nuove problematiche si sommano a quelle già esistenti a causa della mancata riforma.

Tuttavia, spiegano Elena Di Gregorio (Spi Cgil), Vanna Giantin (Fnp Cisl) e Fabio Osti (Uilp Uil), «per affrontare la crisi delle strutture la Regione ha stanziato per il 2020 oltre 16 milioni di euro, e ci auguriamo che faccia lo stesso per il 2021. Solo così questi interventi possono scongiurare l’aumento delle rette». I sindacati fanno riferimento al pacchetto di delibere che da settembre a dicembre 2020 ha messo a disposizione dei centri servizi ristori a copertura delle perdite di fatturato dello scorso anno. In queste delibere è stata anche introdotta la sperimentazione (fino al 2022) della quota sanitaria di accesso pari a 30 euro giornalieri a favore degli ospiti privi di impegnativa, con un investimento di oltre 21 milioni di euro. Un modo per limitare il numero di letto vuoti: «La disparità tra domanda e offerta di impegnative è grande e questo è un provvedimento tampone che abbiamo apprezzato. Tuttavia manca un’adeguata informazione alle famiglie che possono usufruirne. Ma noi crediamo che, alla fine, la vera soluzione sia un aumento delle impegnative e dell’importo della relativa quota sanitaria, fermo da 10 anni».

Quota sanitaria che al momento si aggira sui 50 euro in media al giorno a carico della Regione, grazie ai quali un ospite in casa di riposo paga come quota alberghiera “solo” 1.800 euro (sarebbero quasi 3.000 senza). «Inutile dire che questo esborso è già di per sé rilevante, contando anche il livello della pensione media che supera di poco i mille euro al mese, e il fatto che nelle case di riposo sono ospitate persone fragili, per lo più donne, ultraottantenni e non autosufficienti»,considerano i sindacati dei pensionati, «Chiediamo quindi all’assessora Lanzarin di mantenere l’impegno di intervenire, affinché non vengano attuati aumenti delle rette che risulterebbero insostenibili sia per gli ospiti che per le loro famiglie».

Da tempo Spi, Fnp e Uilp sottolineano le tante criticità del sistema di cura e assistenza degli anziani che questa pandemia ha evidenziato: «Non c’è più tempo da perdere: la Regione deve avviare al più presto la riforma delle Ipab, ed essere pronta a utilizzare le risorse che dovrebbero arrivare dal Recovery Plan per ripensare il sistema socio-sanitario. Adeguamento delle case di riposo, rafforzamento dell’assistenza domiciliare, potenziamento della rete territoriale devono essere i pilastri per rispondere ai nuovi bisogni derivanti dall’invecchiamento della popolazione».

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