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Covid-19 #messagginbottiglia: la testimonianza di un ospite della casa di riposo Dolomiè di Pieve di Cadore (BL)

Si chiama Eros, ha quasi ottant’anni e da qualche mese è ospite della casa di riposo Dolomiè di Pieve di Cadore. Ci ha raccontato come ha vissuto e sta vivendo la sua permanenza nella Rsa in questo periodo di Covid-19. Lo ha fatto tramite una lettera che ci è arrivata, grazie anche alla collabroazione della direttrice della struttura, tramite Loredana Casanova, preziosa segretaria della lega del Cadore dello Spi di Belluno. Ve la riportiamo nella sua versione integrale perchè ci restituisce un’altra immagine, positiva questa volta, di attenzione e cura in una casa di riposo verso le persone anziane, che più di tutte hanno pagato il prezzo di questa pandemia.

“Sono un nonno sulla ottantina e non è stato facile per me entrare in una casa di riposo, ma viste le mie difficoltà di gestirmi, a malincuore ho lasciato la mia abitazione dove ho vissuto tutta la mia vita e tristemente me ne sono andato. Sapevo che ho fatto la scelta giusta. Nei momenti di sconforto penso, penso, mi sono fatto una ragione e vado avanti, con cambiamenti pesanti che mi hanno creato delle difficoltà non semplici. Però non sono solo, ci sono altri ospiti con patologie peggiori della mia e questo mi aiuta ad andare avanti e a non mollare. Ho trovato una nuova e grande famiglia, ma che bello. Mi sto ambientando e tutto sembra più semplice e si va avanti.

Sì, ci sono riuscito, mi sono inserito in un ambiente difficile e sono pure sereno e soddisfatto. Si incomincia a parlare del coronavirus che piano piano ci ha impaurito e ci ha messo pure in ansia, tutti i giorni morti, infezioni, distanze di sicurezza e noi, i più fragili, ci siamo impressionati. Fortunatamente, nella struttura dove viviamo, dobbiamo ringraziare tutti: le infermiere, le operatrici, le cuoche, le donne delle pulizie. Hanno incominciato con l’isolamento da due mesi, tutte con le mascherine per evitare che il virus entri da noi. Adesso pure noi adoperiamo le mascherine. A pranzo i tavolini distanziati l’uno dall’altro. Cambia completamente il modo di vivere, niente visite, distanza di sicurezza, niente abbracci, niente coccole. Questa è una cosa dispiacevole, diventiamo delle persone fredde come i nordici.

Abbiamo lottato, ma siamo stati premiati, fatte tutte le analisi del sangue, tutti negative, felici, molto felici. Ma pensiamo a tanti nostri coetanei che purtroppo non ce l’hanno fatta. Ammalati, morire da soli e seppelliti da soli. Bruttissimo.

Ho la possibilità di fare dei raffronti con gli altri più anziani e mi dicono che in guerra era meglio, si poteva andare a messa e girare, non sempre chiusi in casa. Adesso ci accontentiamo delle cose più semplici che purtroppo avevamo perso. Il bello della vita è che si può ricominciare di nuovo!

Tutto quello che sta succedendo ci fa capire che il progresso corre troppo e questo è pericoloso, se si cade si può farsi male, molto male.

Io sono a Pieve di Cadore nella casa di riposo Dolomiè, saluto tutti gli anziani e dico che siamo molto fortunati rispetto ad altre strutture, un abbraccio a tutti voi. Domani è un altro giorno.”

(E.F)

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