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Quarta ondata nelle case di riposo, la preoccupazione dei sindacati dei pensionati

«Chiediamo chiarezza sulla gestione dei contagi e della terza dose di vaccino»

Suscita grande preoccupazione il moltiplicarsi delle notizie di cluster di contagi da Covid 19 in molte case di riposo del Veneto, con anche un numero di decessi in inquietante crescita. «La quarta ondata che ha cominciato a colpire nelle Rsa sta avvenendo in un momento in cui la campagna per la terza dose deve ancora concludersi», considerano le segretarie generali venete Elena Di Gregorio (Spi Ggil), Tina Cupani (Fnp Cisl) e Debora Rocco (Uilp Uil), «temiamo, inoltre, che ciò possa pregiudicare anche gli sforzi in atto per garantire agli anziani ospiti un grado di socialità adeguato, tra visite dei familiari e attività ricreative, come più volte richiamato dal Ministero della Salute». Per questo i sindacati dei pensionati hanno chiesto all’assessora Manuela Lanzarin un incontro urgente per un confronto. Richiesta che, a distanza di oltre una settimana, ancora non ha risposta.

Precisano le segretarie generali: «È necessario per noi avere un chiarimento su come sta andando la campagna per la terza dose nelle Rsa e, contemporaneamente, che tipo di accorgimenti le strutture stanno prendendo per contenere la diffusione del contagio, considerando che esso sta coinvolgendo anche il personale». Dai report del Governo, infatti, emerge che tra fine aprile e inizio maggio, quindi più di sei mesi fa, aveva completato il ciclo vaccinale il 72% degli ospiti delle Rsa. Secondo l’ultimo aggiornamento che arriva da recenti fonti di stampa, tuttavia, risulta che al momento la dose booster sia stata somministrata solo al 65% degli ospiti, e che i cluster si siano verificati proprio nelle strutture dove essa stava procedendo a rilento.

«È innegabile che non siamo di fronte a una situazione tragica come quella dell’inverno scorso, e questo lo si deve alla prima campagna vaccinale, tuttavia non si può abbassare la guardia», concludono Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, «oltre l’aspetto sanitario, a noi preoccupa quello affettivo-relazionale: temiamo che se i contagi non vengono subito contenuti, gli ospiti ripiomberanno di nuovo in una forma di isolamento che, ormai, periodicamente subiscono da più di un anno e mezzo».

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