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La silver economy vale 200 miliardi

Ma non è tutto oro quello che luccica

Quando parliamo di silver economy, ovvero dell’economia che ruota attorno agli anziani over 65, il pensiero va subito alla spesa pensionistica che, effettivamente, assorbe il 21% del totale spesa pubblica, una percentuale destinata ad aumentare sempre di più dal momento che l’invecchiamento della popolazione prosegue a ritmo serrato: gli ultra 65enni erano il 22,8% della popolazione italiana nel 2018 (13,6 milioni di individui, in crescita dell’11% rispetto al 2012) e saranno il 34% nel 2047, quasi 20 milioni di persone.

L’altra faccia della medaglia, meno considerata, è che gli anziani con i loro consumi costituiscono anche un mercato di notevolissima consistenza, che il Centro studi di Confindustria stima in circa 200 miliardi di euro, pari ad un quinto circa dei consumi totali delle famiglie.

I confronti con le fasce più giovani della popolazione sono impietosi: la ricchezza procapite degli ultra 65enni è di 232 mila euro contro i 110 mila degli under 35. Anche il reddito (20 mila contro 16 mila) e la propensione al consumo (15,7 mila euro all’anno contro 12,5 mila) sono più elevati.

La terza età è dunque un mercato davvero appetibile per le imprese e questo spiega perché molte produzioni vengono tarate su questo target. Ma c’è una condizione, anzi due.

La prima è che gli anziani spendono (e in molti casi aiutano anche i figli) se restano in salute, di qui l’importanza, strategica, di politiche di invecchiamento attivo che si configurano come un investimento e non un mero costo.

La seconda condizione è che si deve trovare un equilibrio con le giovani generazioni. Il sistema non può sopportare il loro progressivo impoverimento. Se i giovani hanno meno capacità di spesa, guadagnano di meno e posseggono meni beni non è per una sorta di condanna divina. Fa parte dell’ordine delle cose che all’inizio di una carriera lavorativa o di un progetto di vita i risparmi scarseggino, ma il divario economico tra giovani e anziani esiste anche perché oggi, rispetto al passato, è più presente la precarietà, la disoccupazione e la sottoccupazione.

Non a caso tra le “questioni aperte”, lo studio di Confindustria cita il bisogno di innalzare il tasso di occupazione giovanile nella coorte 15-24 anni, che in Italia è ad appena il 17,7% contro una media europea del del 35,4%. Troppo basso in Italia è anche il tasso di occupazione femminile, pari al 53,1% contro una media europea del 67,4%. Non da ultimo bisogna agire anche sull’occupazione dei lavoratori anziani della coorte 55-64 anni per i quali troppo spesso l’unica alternativa alla perdita del lavoro è il prepensionamento. E questa azione si realizza implementando la formazione continua e l’aggiornamento delle competenze lavorative.

Non è dunque tutto oro quello che luccica. Gli anziani che hanno una considerevole capacità di spesa sono pur sempre una minoranza, e sono concentrati nelle regioni del Nord. Per milioni di pensionate e pensionati, soprattutto al Sud (ma anche nel ricco e profondo Nord) la realtà è quella di assegni di importo attorno ai 500 euro. Ciò a dire che qualunque strategia tesa a governare il fenomeno epocale dell’invecchiamento della popolazione non può prescindere da considerazioni di equità e giustizia che devono attraversare tutte le età a partire da chi ha più bisogno di aiuto.

Link allo studio di Confindustria sulla Silver economy: https://www.confindustria.it/

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