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Rassegna stampa 30 marzo 2016 – Lavoro di cura per donne e rivalutazioni annuali

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Riconoscere il lavoro di cura per le donne e tornare alla normativa sulle rivalutazioni annuali come succedeva prima della riforma Monti-Fornero. Alla manifestazione regionale in programma sabato, saranno queste le principali rivendicazioni dei pensionati veneti, messi in ginocchio da una legge che ha fatto diminuire il loro numero di 23 mila unità in tre anni visto l’innalzamento dell’età pensionabile e ha aumentato il divario fra gli assegni previdenziali degli uomini e quelli delle donne.
E’ un mondo vasto e in grande fermento quello che parteciperà al corteo veneziano, proprio perché il settore previdenziale, accusano i sindacati, è vittima di continui “attacchi da parte dei governi”.
La riforma Monti Fornero ha creato più di qualche crepa in questo sistema. Anzitutto, in Veneto i pensionati sono calati in modo massiccio dal 2012 al 2014 per la rigidità introdotta nell’accesso alla pensione, passando in due anni da 1.292.749 a 1.269.587, anche se dal 2015 il dato sarà in crescita.

Le pensioni erogate (in media ogni pensionato ne ha in capo 1,4) sfiorano quota un milione e 800 mila, con un importo medio annuo di 12 mila euro lordi e una spesa complessiva per l’Ente superiore ai 21 miliardi e 500 mila euro.
Nella piattaforma di Cgil, Cisl e Uil, come detto, per la categoria dei pensionati sono fondamentali due rivendicazioni. Anzitutto, spiega Rita Turati, segretaria regionale dello Spi-Cgil del Veneto, “vogliamo ritornare alla normativa sulla rivalutazioni annuali delle pensioni in vigore prima della rigidità imposta dalla Monti-Fornero. Occorre prevedere meccanismi più idonei a salvaguardare, nel tempo, il valore degli assegni pensionistici. La rivalutazione non è un privilegio ma rappresenta la difesa del potere d’acquisto”.
E’ noto il caos provocato dal blocco, con la successiva sentenza della Corte Costituzionale che ha imposto il rimborso di quanto dovuto. Ebbene, alla fine quella decisione ha costretto il governo Renzi a restituire i soldi, per quanto in modo parziale, a milioni di pensionati. In Veneto hanno ricevuto indietro una parte delle rivalutazioni circa 410 mila anziani, un terzo dei pensionati della nostra regione. Ma gli strascichi proseguono anche ora, perché la restituzione parziale (e a volte davvero irrisoria) non ha soddisfatto i diretti interessati, tanto che lo Spi-Cgil del Veneto ha avviato le prima cause pilote per chiedere la restituzione degli interi importi.
Fondamentale, poi, per i pensionati (e, soprattutto, per le pensionate) il riconoscimento del lavoro di cura.Le donne sono state profondamente penalizzate dalla riforma Fornero – spiega ancora Turatidal momento che l’innalzamento dei requisiti pensionistici è stato troppo accelerato. E’ necessario dunque riconoscere il lavoro di cura, che è per lo più appannaggio delle donne, supplisce alle carenze del welfare e provoca buchi contributivi che determinano una forma di povertà pensionistica al femminile”.

Anche in questo caso i dati parlano da soli. In Veneto una donna su due vive con meno di mille euro lordi al mese, quindi circa 800 euro netti. Clamorosa, poi la differenza fra gli assegni. Quelli dei maschi in Veneto ammontano a 15.780 euro lordi all’anno, gli assegni per le pensionate si aggirano attorno ai 9 mila euro lordi. Quasi 7 mila euro di differenza.

(Testo integrale articolo pag. 15 La Nuova di Venezia e Mestre, pag. 15 Il Mattino di Padova, pag.13 Il Corriere delle Alpi, pag. 19 Tribuna di Treviso)

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