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“Mama” Alida e i Migranti, storia di “normale” accoglienza

Alida lo dice sempre ai (troppi) suoi concittadini che protestano, organizzano banchetti, sparano a zero contro persone arrivate con quattro stracci e la speranza di un futuro migliore. “Andate a conoscerli, dategli la mano, regalategli un sorriso. Così vi accorgerete che non sono teppisti o delinquenti, ma esseri umani che chiedono solo di essere accolti dignitosamente”. Alida Bragatto è da anni iscritta allo Spi Cgil di Lemene (Portogruaro) e la sua incessante attività di volontariato a favore dei migranti giunti inizialmente da Cona nel 2015 e ospitati per alcuni mesi nella palestra Luzzato di Portogruaro, le ha fruttato il soprannome di “Mama”, con cui è chiamata da tutti i ragazzi provenienti da Nigeria, Guinea Conakry, Bangladesh, Ghana, Gambia.

“Quando questo gruppo è arrivato da Cona alla palestra di Portogruaro in estate – racconta Alida – ho raccolto un po’ di vestiti, saponi e di lenzuola e sono corsa da loro. Erano ammassati in una stanza bollente, sono andata a conoscerli, mi sono presentata. E loro, che prima erano abbandonati a sè stessi, hanno visto in me e negli altri volontari un punto di riferimento importante per orientarsi in questa difficile situazione”. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel momento, ma Alida, assieme a un altro folto gruppo di cittadini solidali, in questo lasso di tempo con questo gruppo di migranti ha realizzato iniziative straordinarie. Dai corsi di italiano (per affrontare gli esami delle medie) a quelli di cucina, dalle feste (come quella di Capodanno 2015) agli aperitivi multietnici. “Con un maestro di musica – racconta Alida – gli abbiamo insegnato l’inno di Mameli. Poi abbiamo fatto una marcia multietnica dalla palestra alla piazza. E qui i ragazzi hanno cantato l’inno e hanno attaccato sulla scalinata dei biglietti con scritto “grazie Portogruaro””.

Un grazie alla città, anche se una parte di essa ha protestato in modo vibrante per la presenza di questi pochi (una sessantina in tutto) e innocui giovani, perdendosi in inutili banchetti di protesta mentre i volontari come Alida ne organizzavano una degna accoglienza.

Da questi ragazzi, quasi tutti poco più che ventenni, “Mama Alida” ha ricevuto un grande affetto. “Mi hanno fatto molti regali – racconta commossa – come una bellissima camicetta realizzata a mano e coloratissima. E anche ora che sono ospitati in modo diffuso all’interno di varie abitazioni, vado a trovarli tutti con la mia bicicletta. Mangiamo assieme, a volte li redarguisco per il disordine e gli insegno come pulire bene casa. Quando sono stata male tutti mi mandavano messaggi chiedendomi come stavo. Una volta, uscita dall’ospedale, ho incontrato al mercato un gruppo di ragazzi bengalesi che seguivo: mi hanno buttato le mani al collo e mi hanno detto che hanno tanto pregato per me”. Alida, assieme ad altri volontari, continua la sua missione alimentata solo dalla propria umanità, facendo anche da tutor ad alcuni migranti minorenni. “Potrebbero essere tutti miei figli o addirittura nipoti”. Così, mentre chi protesta alimenta solo odio e tensioni, pur facendo molto rumore, Alida e gli altri volontari continuano nella loro silenziosa missione di accoglienza, che va a vantaggio di tutta la comunità.

Grazie “Mama”.

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