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CGIL SPI Venezia e INCA – Un milione di euro (finora) recuperati in provincia di Venezia sui cosiddetti “diritti inespressi”

Due mesi fa lo avevano annunciato: “Cari giornalisti vi faremo sapere come sta andando la nostra campagna di informazione sui “diritti inespressi”. Così diceva due mesi fa Angiola Tiboni, segretarispicgilveneziaa del sindacato del pensionati della Cgil di Venezia. E puntuale é arrivata la conferenza stampa sui controlli delle pensioni

L’iniziativa della Cgil di Venezia é arrivata a meno di un quarto dell’obiettivo finale e già somiglia ad un vaso di Pandora. Dal coperchio sollevato sui più di 2400 pensionati consultati finora (sui diecimila iscritti Spi Cgil in provincia di Venezia con reddito inferiore ai 750 euro) esce un dato sconfortante.

“In poco più di due mesi di attività – afferma Piergiorgio Carrer della segreteria dello Spi- sono stati contattati oltre 2.400 pensionati e sono state verificate le situazioni previdenziali per circa 1.500. Nel controllo sono state individuate 417 prestazioni economiche mancanti (il 28%). Si tratta in particolare di assegni al nucleo familiare, maggiorazioni sociali e 14° mensilità. Bisogna sottolineare che queste sono prestazioni concesse solo su domanda dell’interessato”. Totale di un milione di euro solo per la provincia di Venezia.

A sottolinearne l’importanza é stato Enrico Piron, segretario generale della Camera del Lavoro di Venezia: “Questa campagna di informazione é una delle iniziative che riportano al centro i diritti di cittadinanza che il nostro sindacato afferma e difende da sempre. Il continuo taglio delle prestazione dell’Inps é inaccettabile e ingiusto. Da un lato il Governo impone all’ente previdenziale di ridurre i servizi, con la chiusura degli sportelli nel territorio per passare agli sportelli “virtuali” su internet o caldeggiando di rivolgersi ai patronati dei sindacati o di categoria. Dall’altro lato taglia i fondi per questi servizi dei patronati, mettendoli in pesante difficoltà”.

Per chi vuole attaccare il sindacato va sempre di moda dire che si fa cassa con patronati e Caaf. I dati sono invece ben diversi. A partire dal fatto che le prestazioni previdenziali nei patronati sono gratuite per tutti i cittadini che si rivolgono agli sportelli. In sostanza si tratta di un servizio che lo Stato non é in grado di fornire e che delega ai patronati. Questi ricevono molto meno di quel che spendono per garantire il servizio.

“Se saranno confermati i tagli ai patronati – continua Piron – dovremo mettere una tariffa per il servizio. Il che sarebbe una beffa. Il cittadino o il pensionato dovrebbe pagare due volte: prima con le tasse e poi con chi gli permette di esercitare i propri diritti, cioè noi. La nostra scelta come Cgil é comunque quella di garantire la gratuità delle prestazione ai nostri iscritti anche se sarà sempre più difficile”.

Ma torniamo alla campagna di informazione sui diritti inespressi. Lo Spi ha prima formato e poi messo in campo 60 addetti che in questi mesi stanno facendo una ricognizione a tappeto, partendo dagli iscritti che hanno le pensioni più basse. E’ proprio tra questi, infatti, il maggior numero di prestazioni assistenziali e previdenziali aggiuntive che i pensionati non ricevono perché non ne sono a conoscenza. Le principali sono l’integrazione al trattamento minimo (€ 501,89); l’assegno sociale, le maggiorazioni sociali e gli incrementi in relazione all’età; la quattordicesima e il bonus annuale; l’assegno al nucleo famigliare.

La campagna è partita con una diffusa iniziativa di informazione tra i pensionati (volantinaggi nelle piazze e nei mercati, lettere) per avviare poi i contatti telefonici diretti con gli iscritti (circa 10.000 in queste fasce di reddito).

Il Patronato Inca ha già inviato all’INPS oltre 160 pratiche di “ricostituzione” delle pensioni con la richiesta del pagamento anche degli arretrati non prescritti, per legge al massimo 5 anni.

Le quantità economiche che saranno recuperate dai pensionati (le prime risposte stanno già arrivando) variano a secondo della tipologia di “Diritto inespresso” e vanno mediamente dai 30 ai 120 €uro mensili e, per gli arretrati, dai 1.800 ai 6.000 €uro. Ci sono però anche casi da 10/13.000 euro.

Si tratta come si può vedere di cifre considerevoli se si tiene conto che si riferiscono a pensioni mediamente di 6/7.000 € annuali.

Nei 417 casi già individuati saranno recuperati in media (con una valutazione prudenziale sulle proiezioni) circa 2780 euro per ogni “ricostruzione”. In totale per la nostra provincia solo per questi casi si parla di una somma superiore al milione di euro.

A proposito del dibattito aperto in questi giorni sulle pensioni di reversibilità, va detto che dei 417 casi di errore sin qui individuati, ben oltre la metà riguardano donne con pensioni basse e spesso di reversibilità o integrate al minimo. Proprio quella fascia che Poletti e Renzi vorrebbero “razionalizzare”, per trovare i soldi per combattere la povertà.

“Siamo orgogliosi dell’attività svolta e dei risultati che stiamo ottenendo – insiste Angiola Tiboni- perché si tratta di legittimi riconoscimenti a pensionati e pensionate generalmente in condizioni economiche difficili (redditi vicini alla sussistenza, alla povertà), spesso molto anziani, ammalati e soli. Persone che affrontano con grande dignità le difficoltà della loro condizione, cui sono negati diritti economici importanti anche a causa dei difficili rapporti con l’Inps che, in questi anni, ha innalzato un “muro invalicabile” con l’introduzione della telematizzazione “spinta” e la chiusura di servizi e sportelli sul territorio”.

L’ultima (pessima) novità riguarda le dichiarazioni reddituali (RED) che i Pensionati con prestazioni economiche aggiuntive devono fare obbligatoriamente ogni anno. L’Inps ha stabilito che da quest’anno non invierà più nessuna comunicazione agli interessati e sospenderà il pagamento delle prestazioni a coloro che entro i termini stabiliti – 31 marzo – non faranno tale dichiarazione (si tratta di oltre 5 milioni di pensionati).

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